
Se ne va uno dei batteristi più innovativi, eclettici ed influenti della storia del jazz moderno.
Musicista dal linguaggio e dalla curiosità inesauribile, DeJohnette ha attraversato oltre sei decenni di musica contemporanea contribuendo a ridefinire il ruolo della batteria. Nato a Chicago nel 1942, DeJohnette aveva iniziato la sua carriera musicale come pianista prima di passare alla batteria, mantenendo per tutta la vita un approccio melodico e armonico al suo strumento che lo distingueva da molti suoi contemporanei. Nei primi anni Sessanta aveva collaborato con figure chiave del jazz d’avanguardia come John Coltrane, Jackie McLean e successivamente con Charles Lloyd, con il cui quartetto ottenne un successo internazionale — in parte grazie alla presenza di un giovane Keith Jarrett al pianoforte.
Il vero punto di svolta della sua carriera arrivò nel 1969, quando fu chiamato da Miles Davis a unirsi alla sua formazione elettrica. Partecipò così alla registrazione di Bitches Brew, uno dei dischi più rivoluzionari e influenti della storia del jazz, nel quale contribuì a definire il sound fluido e incandescente della jazz-fusion nascente. Negli anni Settanta DeJohnette si affermò come band leader di grande personalità, guidando progetti innovativi e sperimentali. Con il gruppo Directions e successivamente con New Directions, al fianco di Lester Bowie, Eddie Gomez e John Abercrombie, esplorò territori sonori che fondevano free-jazz, rock e atmosfere rarefatte. Con Abercrombie e il contrabbassista Dave Holland formò anche il celebre trio Gateway. La sua inesauribile curiosità lo portò a collaborare con il contrabbassista Miroslav Vitous e il chitarrista norvegese Terje Rypdal, dando vita a un trio di impronta più europea e atmosferica, documentato in album pubblicati dalla ECM Records, etichetta con la quale DeJohnette instaurò un sodalizio durato decenni. A fine anni Settanta fondò inoltre il progetto Special Edition, che ospitò nel corso del tempo musicisti di primo piano come David Murray, Arthur Blythe e John Purcell, esplorando un jazz elettrico e politonale. Negli anni Ottanta DeJohnette divenne membro stabile del Keith Jarrett Trio, completato dal contrabbassista Gary Peacock, con il quale reinterpretò gli standard del jazz in una delle formazioni più longeve e amate della storia del genere. Parallelamente fondò il supergruppo Parallel Realities con Herbie Hancock, Pat Metheny e Dave Holland, unendo quattro giganti della musica improvvisata in un dialogo di altissimo livello.
La sua discografia sterminata comprende decine di album come leader e centinaia di collaborazioni, che lo hanno visto suonare con artisti diversissimi per stile e provenienza: John Scofield, George Benson, Chet Baker, Michael Brecker, Carlos Santana, Freddie Hubbard, Bill Frisell, Sun Ra, Joe Henderson, Betty Carter, e molti altri.
Il suo stile, fluido e dinamico, si distingueva per una straordinaria musicalità: DeJohnette non si limitava a scandire il tempo, ma lo modellava, lo scolpiva, trasformandolo in materia viva. La sua batteria era un’orchestra in miniatura, capace di spaziare dal groove funk alla rarefazione ambient, dalla potenza rock alla libertà del free jazz.







