Carne Blu
Milano, Teatro Studio Melato, 13-30 apr 2022

C’è scritto che è una favola, una favola nera. Quindi mi faccio bimba e mi metto, al buio, ad ascoltare….

Riuscirò io ad accogliere la meraviglia, e l’autrice a portarmi per mano lungo i sentieri della sua favola?
Questo è il mio stato d’animo quando mi siedo in sala nel meraviglioso spazio del Teatro Studio Melato che avvolge, con la platea e le vertiginose balconate, il palcoscenico ingombro di macerie di palazzi distrutti da chissà quale cataclisma, illuminati da una chiara luce lunare. A un lato un enorme seme, o un baccello, chissà. Sul fondo proiettano l’immagine di quegli stessi palazzoni prima del disastro. Nell’aria volano foglie secche – o forse brandelli di cenere…

Poi un rombo lontano ed ecco la memoria si snoda sullo schermo: i palazzi crollano e scivolano giù, scivolano sotto la pellicola d’acqua che sale, entrano in un mondo di acqua capovolto, una versione nera dei Tre Mondi di Escher, c’è anche la creatura d’acqua, una balena che nuota tra le antenne della televisione – alberi rovesciati di navi dei pirati.

Siamo davvero sulla Luna, in un luogo senza tempo, una Luna abitata e distrutta da maree sempre più forti e anche da una cometa che cade in un frastuono che ferisce le orecchie.

Tutto questo ci viene narrato da una voce femminile, mentre il bambino (o la bambina?) si muove a quattro zampe tra le macerie. Ha un casco in testa (è la sua tuta da palombaro), maglietta bianca, un paio di stivali di gomma gialli, pantaloncini rossi e una pelle blu che si screpola e si mischia con la sabbia: i tre colori fondamentali. Avrà un senso?

È un corpo senza volto, Orlando, e non parla, al massimo emette suoni, mentre la voce narrante ci spiega quanto succede. Il suo lamento è una piccola musica creata da un bimbo su un pianoforte di macerie….

Carne Blu è stata concepita da Federica Rosellini, autrice, co-regista e unica interprete, durante i primissimi mesi della pandemia, durante il lockdown più duro. In questo tempo sospeso, in questa rarefazione delle relazioni, ha senso narrare una storia su un luogo senza tempo, ed entrare nel proprio corpo e sentirlo trasformare. Ha senso anche avere un pesciolino dorato al posto del cuore, l’unico tempo scandito dalla coda che batte sul petto: la sua danza magicamente catalizza le trasformazioni.

Sunny il pesciolino canta, canta la balena, canta anche Orlando. E così lo vediamo mutare, scoprire il volto e cambiare pelle, diventare donna e scoprire i lunghi capelli, sentire il primo ovulo che si stacca, fare sesso, diventare un ragno.

Tre scene si susseguono, al cambio scena ci fanno uscire dal teatro e ogni volta che si rientra è un bell’impatto visivo e sonoro. La scenografia, sospesa al soffitto con catene, è mutevole, generativa. La seconda scena ci accoglie con la protagonista, diventata donna, al pianoforte davanti a un menhir sospeso, come un gigantesco ciondolo d’ambra, rosso e arancione come la lontana luce di Marte, come le pieghe di sabbia dell’Antelope Canyon evocate da un fischio che ha la profondità di un High Spirit, di un flauto navajo… è sangue! E alla fine verrà lavato via da una pioggia vera. Ultimo cambio: rientriamo in sala, ci accoglie un enorme ragno. È Orlando che ci guarda da lassù, entro il suo bozzolo spinoso, ci osserva chiacchierare, ridere, spegnere di nuovo i cellulari, sederci. Forse la cosa più straniante di tutto lo spettacolo, questo contatto visivo tra il personaggio e il pubblico quando ancora non è ritualmente “pubblico”; me ne sono accorta solo io? Le tre Parche tessono la vita secondo gli organici schemi dell’uncinetto iperbolico. La vita è un corallo, ci sono infinite parallele che passano per un punto.

Ma ogni fiaba, nera, o blu, dopo aver affascinato con le immagini, dopo aver evocato luoghi favolosi quanto il Vallone delle Cose Perdute, dopo averci fatto incontrare mostri e ippogrifi e boschi alti un centimetro e anche i resti dell’Apollo 1, dovrebbe avere una storia, sviluppare un’azione e trattare “di problemi umani universali, offrendo esempi di soluzioni alle difficoltà”. Sono io che non ho capito?

Federica Rosellini usa con maestria tutto il suo corpo: l’acqua e la terra e sciami di creature sotterranee la attraversano, aprono branchie nel corpo vibrante di terra e radici. Stiamo assistendo una performance totale, movimento, canto, voce pura, ma la fiaba si perde nella voce narrante, peraltro non sempre fluida (è una prima, forse certi automatismi non si sono ancora innescati).

Uno spettacolo ambizioso, sicuramente il plauso va a tutto il team che ha realizzato scenografia, luci, costumi, video e suoni. Un plauso anche al Piccolo, che porta in scena qualcosa di così diverso e giovane. Avremo modo di vedere ancora la Rosellini alla prova, in qualità di nuova artista associata al teatro di via Rovello.

Non è uno spettacolo per tutti.


Questa recensione si riferisce alla rappresentazione del 13 aprile 2022.


Carne Blu
dal 13/04/2022 al 30/04/2022

di Federica Rosellini

tratto da Carne Blu. Un Orlando di Federica Rosellini (Giulio Perrone editore)
regia - Federica Rosellini e Fiona Sansone
con Federica Rosellini

scene - Paola Villani
costumi - Simona D'Amico
realizzazione scultorea - Daniele Franzella
sound designer - Gup Alcaro
light designer - Luigi Biondi
visual designer - Massimo Racozzi
assistente alla regia - Elvira Berarducci


Produzione - Piccolo Teatro di Milano . Teatro d'Europa






Piccolo Teatro Studio Melato
via Rivoli, 6 -  MILANO
tel: 02 21126116
www.piccoloteatro.org

ORARIO SPETTACOLI
Mercoledì 13 ore 20.30
Giovedì 14 ore 19.30
Venerdì 15 ore 20.30
Martedì 19 ore 19.30
Mercoledì 20 ore 20.30
Giovedì 21 ore 19.30
Venerdì 22 ore 20.30
Sabato 23 ore 19.30
Domenica 24 ore 16.00
Martedì 26 ore 19.30
Mercoledì 27 ore 20.30
Giovedì 28 ore 19.30
Venerdì 29 ore 20.30
Sabato 30 ore 19.30



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