Home Recensioni Masterpiece Pink Floyd - The piper at the gates of dawn”

Pink Floyd
The piper at the gates of dawn”

Quando di tanto in tanto ho l'’occasione di recensire qualche band di primaria importanza, tra quelle di mio gradimento, alla richiesta di informazioni da parte dei miei diretti responsabili in Redazione riguardo il mio relativo grado di conoscenza, spesso la mia risposta é: "...e me lo chiedi pure... guarda che questi venivano a scuola con me!!!"
La cosa suscita giustamente ilarità, e viene presa solo come un modo scherzoso per comunicare il mio discreto grado di conoscenza dell’'artista in questione.... senza sapere che nelle mie parole c’'è molto di vero.
La musica mi ha sempre costantemente accompagnato nelle attività quotidiane, comprese quelle scolastiche (universitarie soprattutto), durante le quali ho spesso cercato di lasciar trasparire la passione per questa forma artistica.
In quanto mia band preferita, i Pink Floyd hanno sempre pertanto giovato di questa mia volontaria esternazione, in particolar modo durante il periodo universitario, quando magliette (a volte anche disegnate da me stesso), portafogli, spille e vari gadget in tema (senza contare i riproduttori musicali portatili) mi aiutavano a distrarmi ed a superare le tediose lezioni. L'’oggetto che però mi ha maggiormente contraddistinto tra la folla di quelle lezioni, e che ha suscitato una miriade di consensi e di apprezzamenti da parte degli studenti che condividevano la mia stessa passione, era una cartellina da disegno formato A1 completamente bianca, che avevo graficamente arricchito secondo lo stile dell'’album “The wall”.

A parte però quelli che sono gli album che hanno contribuito maggiormente alla creazione nell'’immaginario collettivo del mito Pink Floyd, ce n'’è uno che raramente viene menzionato e che invece ha sempre occupato un posto speciale nella mia discoteca: “The piper at the gates of dawn”.

Datato 1967, l’'album rappresenta di fatto l’'unica vera espressione del genio di Syd Barrett. La comparsa in “A saucerful of secrets” e l'’incisione dei due successivi album solisti “The madcap laugh” e “Barrett”, non hanno mai di fatto costituito una vera continuazione artistica del “folle diamante”, oramai irrimediabilmente irrecuperabile nel suo delirante isolamento psicologico.

Composta da undici tracce, otto delle quali a sola firma di Syd, l'’incisione rappresenta uno dei primissimi esempi di concept album, anche se non nel senso stretto che il termine avrebbe acquisito negli anni a venire.
La tematica ricorrente, anche se non l'’unica, è quella fiabesca e brani come “"Matilda mother”" e “"The gnome"” si combinarono in maniera sorprendentemente complementare a quelli di ispirazione astrale come “"Astronomy domine"” e “"Interstellar overdrive"”.
L’'impostazione astratta e fantasiosa fu quindi la matrice dominante e le interpretazioni dei quattro floydiani furono a dir poco ispirate e geniali.
La scelta dei suoni, la loro combinazione stereofonica, lo spirito compositivo, la verve esecutiva, il desiderio di innovazione e la sperimentazione mai fine a se stessa ma al servizio dell’'ascoltatore, generarono così un album unico nel suo genere, dove il termine “unico” va inteso nel senso stretto del suo significato.
Non esiste ad oggi nella storia della musica, una incisione ad esso paragonabile: “The piper..” costituisce un genere a se stante.

Se i Pink Floyd rappresentano (a mio avviso) la summa maxima della psichedelia, allora “The piper..” ne è l’'apice assieme ad “Umma Gumma”.
Il fatto poi che fosse un album di esordio, non deve meravigliare: difficilmente una band in carriera si sarebbe cimentata in una produzione concettualmente così rischiosa, per complessità e semplicità al tempo stesso.
La quasi totale assenza di virtuosismi esecutivi fu compensata da un altrettanto virtuosistico mixaggio, durante il quale si sfruttarono al meglio tutte le potenzialità della stereofonia dell’'epoca, grazie all’'intrecciata gestione multicanale delle sovraincisioni, apprezzabili (oltre che con un buon impianto stereo i cui diffusori siano stati opportunamente calibrati e distanziati) soprattutto mediante l’'ascolto in cuffia: la musica danzerà davanti ai vostri occhi, che la rincorreranno da un canale all’'altro. 
Che il merito dell’'opera sia attribuibile soprattutto a Barrett è fuori discussione, ma è altrettanto palpabile la complicità e l'’affiatamento degli altri membri, nessuno escluso e tutti parimenti in evidenza in ogni singola traccia: dall’'instancabile lavoro di Mason alle percussioni, alla costante presenza di Waters al basso, fino alle scale arabeggianti di Wright.  
A parte “"Astronomy domine”" (riproposto in “Umma Gumma” del 1969 e nel “'Division bell” tour' del 1994), nessun brano dell'’album è stato poi ripreso dal vivo nella successiva carriera dei Floyd senza Syd, e rarissime sono state le rivisitazioni di altri artisti, a dimostrazione della oggettiva rischiosità interpretativa legata soprattutto allo spirito immaginifico dell’'opera, fondamentale al suo apprezzamento e difficilmente replicabile. 

Tra le varie edizioni e rimasterizzazioni della discografia Floydiana, manca stranamente all'’appello nel cofanetto “Shine on” del 1992 (cofanetto peraltro non omni-comprensivo, contenente però “A saucerful of secret” considerato evidentemente dalla EMI più significativo dell’album precedente, scelta da me assolutamente non condivisibile), ma è stato nel 2007, in occasione del quarantesimo anniversario dalla sua prima pubblicazione, oggetto di una notevole ri-edizione composta nella versione speciale di lusso da ben tre supporti CD, contenenti la registrazione stereofonica classica rimasterizzata, la stessa registrazione in formato mono (a mio avviso inutile) e la compilation dei singoli della band pubblicati tra il 1966 e il 1967, oltre a quattro alternative take dei brani  “"Interstellar overdrive"”, “"Matilda mother”" e “"Apples and oranges"”.


Copertina della ri-edizione 2007

Il package è poi corredato di testi, foto, informazioni dettagliate ed un libretto, replica di un quaderno appunti di Barrett datato 1965, dal quale emerge l’'indole psichedelica dell’artista.

L'’album è stato poi infine riedizionato nel 2011 assieme a tutti gli altri, in una veste commerciale cartonata di discutibile qualità.
Un album quindi tanto unico quanto bello nel suo genere, fuori da qualsiasi canone stilistico passato e futuro, la cui immortalità è legata indissolubilmente a quella della memoria del suo principale creatore, colui il quale mi ha tenuto compagnia, assieme a tanti altri artisti, durante il mio percorso scolastico e di vita: Syd Barrett. 

Ebbene sì, scrivendo questa recensione ancor di più mi sento di dire: "Syd Barrett e i Pink Floyd... venivano a scuola con me!".


Retro della ri-edizione 2007



Syd Barrett: Chitarra, voce
Roger Waters: Basso, voce
Rick Wright: Organo, pianoforte
Nick Mason: Batteria

Anno: 1967 (riedizione quarantesimo anniversario 2007)
Label: EMI
Genere: Rock psichedelico


Tracklist
Cd1: Mono version

01. Astronomy Domine
02. Lucifer Sam
03. Matilda Mother
04. Flaming
05. Pow R. Toc. H
06. Take Up Thy Stethoscope And Walk
07. Interstellar Overdrive
08. The Gnome
09. Chapter 24
10. The Scarecrow
11. Bike 

Cd2: Stereo version
01. Astronomy Domine
02. Lucifer Sam
03. Matilda Mother
04. Flaming
05. Pow R. Toc. H
06. Take Up Thy Stethoscope And Walk
07. Interstellar Overdrive
08. The Gnome
09. Chapter 24
10. The Scarecrow
11. Bike 

Cd3
01. Arnold Layne
02. Candy a current bun
03. See Emily play
04. Apples and oranges
05. Paintbox
06. Interstellar Overdrive (french edit)
07. Apples and oranges (stereo version)
08. Matilda Mother (alternative version)
09. Interstellar Overdrive (take 6)


Banner

Questo sito NON utilizza alcun cookie di profilazione. Sono invece utilizzati cookie di terze parti legati alla presenza dei “social plugin”. Se vuoi saperne di più sull’utilizzo dei cookie nel sito e leggere come disabilitarne l’uso, leggi la nostra informativa estesa sull’uso dei cookie .

Accetto i cookie da questo sito.