Home Recensioni Masterpiece Shadowland - Mad as a Hatter

Shadowland
Mad as a Hatter

Chi avesse letto (non su queste pagine), la recensione del primo album omonimo degli Shadowland, si ricorderà che ne parlavo in maniera non proprio gratificante.

Con tutta la buona volontà, nonostante l’album venisse nel complesso giudicato accettabile, non riuscivo a toglierlo dal calderone degli albums prog che sapevano di trito, cose delle quali siamo stati invasi fin dai primi del 1990. Nella fattispecie, tranne qualche doverosa eccezione, i brani di Nolan, troppo impegnato ad interpretare un ruolo di primadonna, risultavano ampollosi e ridondanti e denunciavano un protagonismo alle tastiere difficilmente apprezzabile. Per contro, mi sembravano particolarmente anonimi il bassista, il chitarrista ed il batterista, tre musicisti relegati ad un ruolo di mero accompagnamento.

Questo ottimo Mad As A Hatter catapulta il gruppo nell’Olimpo delle “stars” new progressive, quello che già ai primi '90 già ospitava artisti del calibro di Anekdoten, Änglagård, Ritual, Ezra Winston, Landberg. Le ottime musiche di Nolan, che spaziano da atmosfere molto melodiche a situazioni più aggressive ed heavy, l’affiancamento di un secondo tastierista, del quale si sente il decisivo apporto, il chitarrista non più relegato ad un anonimo ruolo di supporto ritmico e la precisione tecnica del bassista e del batterista, fanno di Mad as a hatter un egregio album, buon biglietto da visita degli Shadowlandper presentarsi in una veste sicuramente più innovativa e perfezionata.

Mi sembra di non peccare di presunzione nel paragonare alcune ambientazioni di quest’album non solo a parecchi lavori degli IQ (anche del periodo con Paul Menel), ma anche a qualcosa dei Marillion vecchia maniera e Genesis periodo Hackett. Chiaramente, si tratta di un lavoro non estremamente tecnico, anche se pulito e preciso, nel quale le tastiere e, in generale la presenza di Nolan, risultano decisamente in primo piano rispetto a tutto il resto. Tutto ciò però, mai soffocando od annullando le altre personalità artistiche del gruppo, alle quali viene lasciata la possibilità di proporsi non solo come validi strumentisti, ma anche, occasionalmente, come coautori di alcuni brani.

Nove brani molto godibili tra i quali preme citare, oltre a quello di apertura, “United States of Insanity”, anche “Mephisto Bridge” e gli undici minuti del pezzo che dà il titolo all’album, ricchi di numerosi fraseggi alle tastiere, di possenti ed accattivanti cambi di tempo e di alcune ricercate ambientazioni romantiche. Degni di nota anche “Father”, semplice ballata acustica dalla piacevole melodia che vuole chiaramente rifuggire da sterili tentativi di ampollosa costruzione, e “The Burning”, ricca di atmosfere suggestive e caratterizzata da un melodico ritornello portante.

Un buon lavoro di riscatto che non deluderà gli amanti dei migliori IQ.

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NOTA: Recensione originariamente realizzata nell'agosto del 1996 per la rivista "Melodie e Dissonanze" (mai pubblicata per prematura chiusura della stessa), qui riportata per gentile concessione dell'autore.



Clive Nolan - keyboards, vocals
Karl Groom -  guitars
Mike Varty - keyboards
Ian Salmon - bass, acoustic guitar, guitar arrangement on 5
Nick Harradence - drums
Jackie Peck - back vocal (5 and 7)
Norman Archer - cello

Martin Orford, Martin Ogden, Paul and Thérèse Wrightson, Damian Wilson, Varty, Nolan, Ian Salmon, Tracy Hitching and Dave Wagstaffe - The Mad Hatter's Choir


Anno: 1996
Label: Verglas Music
Genere:  New Prog Rock


Tracklist:
01. U.S.I (United States of Insanity) (9:28) 
02. Mephisto Bridge (6:48) 
03. Flatline (5:58) 
04. The seventh Year (5:10)
a) A curious Tale 
b) Why Krululick 
05. Father (4:49) 
06. The Burning (7:10) 
07. Zuleika (6:25) 
08. Mad as a Hatter (11:57) 
09. Salvation Comes (6:16)


CLIVE NOLAN Official Site


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