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Metallica
Master Of Puppets

Master Of Puppets, ovvero l’abecedario del Metal. Otto brani fondamentali, pilastri insostituibili che hanno fatto da fondamenta per lo sviluppo successivo del genere. Siamo tuttavia di fronte ad un lavoro di rifinitura, di perfezionamento.
Kill 'em All e Ride The Lightning avevano introdotto elementi di totale rottura, velocità e potenza inaudite che erano confluite nella formula dell’heavy\thrash Metal.
Il terzo disco dei Metallica invece non presenta innovazioni sostanziali, semplicemente migliora la qualità dei brani, l’incisività dei refrain, la potenza dei suoni e così via.
C’è una nuova sensazione di oscurità, soffocamento, rabbia profonda; i dischi precedenti tendevano a graffiare con suoni affilati, Master Of Puppets schiaccia, soffoca, sgretola con la sua ferocia intrinseca. Questa sensazione di durezza è frutto anche della produzione, attenta a rendere il suono di chitarra il più corposo possibile. I brani si susseguono con uniformità di suoni e costanza qualitativa, la voce di Hetfield non era mai stata così sicura e carismatica, Hammett scrive la storia con riff perfetti e Cliff Burton lascia il suo testamento artistico in brani da brivido come “Orion”.
I testi stessi si fanno più maturi e attuali, si parla di droga, di guerra, di malattia, di religione. Insomma, la band vive uno stato di grazia e questo album ne è la conseguenza.
Basta il brano iniziale “Battery” per comprendere la brutalità di quest’opera. Velocità e distorsioni al massimo, la chitarra elettrica domina in ogni canzone coi suoi riff granitici.
Disposable Heroes” fa anche meglio. La sezione ritmica magistrale fa da impalcatura ad una muraglia di distorsioni spaventosa. Non c’è un attimo di respiro.
I Metallica sono dei maestri nel dosare i ritmi, nel variare le sfumature di suono. In questo modo, brani da otto minuti riescono a non risultare mai pesanti o ripetitivi. Non è cosa da poco.
A proposito di brani lunghi; la title track è sicuramente il pezzo più famoso della band. Un’epopea deflagrante, impreziosita da assoli magistrali, un grandissimo testo ed il refrain più memorabile del Metal.
Welcome Home (Sanitarium)” riesce in un’impresa pressoché impossibile; far meglio di “Fade To Black” nel ruolo di ballata di turno. Anche se alla fine dei conti i momenti di distensione sono ben pochi; anzi, il climax emotivo si raggiunge proprio nel finale, in cui la melodia lascia spazio ad un finale catartico ed esplosivo.
Altro grandissimo brano è “Orion”, un incedere diabolico che ricorda “The Call Of Ktulu”, a cui segue un crescendo morbido ed ammiccante. “The Thing That Should Not Be” è il momento più tetro, una discesa agli inferi piena di ombre e sinistri presagi. “Leper Messiah” mantiene alta la tensione, con un refrain formidabile, mentre “Damage, Inc.” chiude le danze con le sue sfuriate selvagge.
Un disco che rasenta la perfezione, sicuramente uno dei tre dischi più belli ed importanti della musica “dura” tutta.
Un lavoro che, nelle memoria dei fan, rimane strettamente legato alla figura del bassista Cliff Burton, tragicamente morto il 27 giugno 1986 in Svezia. Questo tragico fatto segnerà la carriera dei Metallica che, dopo questo exploit clamoroso, non riusciranno mai più ad esprimersi a tali livelli.



James Hetfield: Voce e chitarra
Kirk Hammett: Chitarra
Cliff Burton: Basso
Lars Ulrich: Batteria

Anno: 1986
Label: Elektra
Genere: Thrash Metal

Tracklist:
01. Battery
02. Master Of Puppets
03. The Thing That Should Not Be
04. Welcome Home (Sanitarium)
05. Disposable Heroes
06. Leper Messiah
06. Orion (Instrumental)
07. Damage, Inc.

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