Megadeth
Roma, 28 Giugno 2018

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Roma, 28 Giugno 2018 - Rock in Roma - Ippodromo delle Capannelle

Diciamoci la verità e togliamoci subito il dente: sono anni che non mi prendo la briga di acquistare un nuovo album dei Megadeth di Dave Mustaine.
Credo fermamente, infatti, che la parabola creativa di un gruppo possa protrarsi per un numero limitato di album, poi subentra il mestiere, che non impedisce magari alle nuove produzioni di gruppi storici di risultare godibili, ma che certo non basta ad elevarle al di sopra di una fondamentale dispensabilità.
Aldilà di dichiarazioni di facciata, i musicisti ne sono assolutamente consapevoli: le band storiche hanno nella setlist ben pochi brani recenti, e in concerto privilegiano l’esecuzione dei classici, consapevoli che è per quelli che il pubblico si è ritrovato al loro show.
E siamo ormai arrivati al paradosso che un nuovo album, che tanto verrà ignorato o nella migliore delle ipotesi scaricato illegalmente, è soltanto la scusa per poter ripartire verso un ben più fruttifero tour: e pazienza se gli ingenui, entusiasti (e talvolta inclini alla presunzione) giovani recensori che infestano la rete, convinti che la loro gratuita opera possa davvero interessare a qualcuno oltre loro stessi, si lanciano in discutibili, altissimi voti, pretendendo di farci credere, a noi rockers di vecchia data, che ‘
Firepower’ sia meglio di ‘Stained Class’.
Il concerto, però, è tutt’altro paio di maniche. Un’emozione, un ricordo che resta nella memoria, come l’ennesima cicatrice che scalfisce il corpo di un veterano di mille battaglie, molto più che il distratto ascolto, che so, di ‘Super Collider’ o ‘Dystopia’; e d’altronde chi siamo noi, se non veterani temprati da mille e più battaglie, al servizio perenne nell’Esercito del Rock’n’Roll?
Quindi, via verso Capannelle, in una serata di fine giugno, e pazienza se il Mondiale di Calcio quella sera propone un’interessante disfida tra Belgio ed Inghilterra. Pazienza se i nostri peccati di una vita precedente, di cui non siamo né memori né consapevoli, ci costringono ad ascoltare, a mò di penitenza, la performance degli scadenti Killswitch Engage, che si giocano le già flebili speranze di risultare gradevoli quando emerge con chiarezza l’attitudine del cantante (?) a rumoreggiare al microfono con un timbro non lontano dal growl.
Fra l’altro questi scappati di casa devono godere di protezioni potenti, se è vero che hanno aperto di recente molti concerti degli Iron Maiden.
O forse, più tristemente, le nuove generazioni metalliche considerano questa roba affine, e parimenti gradevole, alle fatiche della vecchia scuola, dei Megadeth e della Vergine di Ferro.
Mala tempora currunt!


Per fortuna poi arrivano i Megadeth, e anche se sono passati 35 anni dai loro esordi, e pur non avendoli mai inseriti nel mio personale Valhalla, devo dire che sono sempre credibili in ogni line-up: eh sì, perché c’è ovviamente Mustaine, gran cerimoniere, e con lui il sempiterno sodale Dave Ellefson (ormai da tempo non più ‘Junior’), mentre batterista e seconda chitarra sono cambiati spesso in questi decenni.
Certo, ognuno può legittimamente preferire un’incarnazione ad un’altra, ma non c’è mai stato troppo tempo per abituarsi alle altre due tessere del puzzle, oggi completato dall’ex Angra Kiko Loureiro alla sei corde, e da uno sconosciuto (leggo che suonava nei Soilwork… e quindi è bene che mi rimanga sconosciuto: a me piacciono i Blue Oyster Cult, non l’immondizia!) e precisissimo picchiatore belga dietro le pelli.
Le due chitarre s’intersecano che è un piacere, anche perché il legnoso MegaDave, dallo stile vecchio stampo, figlio del thrash e nipote della NWOBHM, è perfettamente complementare alle evoluzioni ipertecniche del brasileiro, uno che ovviamente ha studiato e studiato come si conviene, infilando fraseggi assai variegati, che profumano di Satriani, Django Rheinardt, Michael Schenker e Larry Carlton, nel suo solismo. Insomma tutto e il contrario di tutto, in un melange istrionico ed impeccabile.

La voce è quella che è, forse non c’è mai stata, neppure tre decadi orsono (non pretenderete davvero di ascoltare un CANTANTE ad un concerto dei Megadeath - come sovente venivano mispelled dalle fanzine americane dei tempi dei pionieri - nel 2018? Dai su, non scherziamo).
E però, il fascino del sordo, rabbioso grugnito di Dave resiste ancora, colora ineffabile ‘In My Darkest Hour’ e ‘Sweating Bullets’, e allora chi se ne frega se, more solito, il Nostro non si perita di interagire ammiccante con il pubblico, per quello ci resta David Coverdale, o qualche dilettante da tribute band, di quelli che arringano la folla con un "How are you, Subiaco?", e spesso provengono dal paese vicino.
Magari disturba un po' di più l’incessante pioggerella che funesta imprevedibile una fin lì torrida serata d’inizio estate, ma quando, mai domi, Mustaine e companeros estraggono dalla Colt ‘The Mechanix’, ‘Peace Sells’ e ‘Holy Wars’ le gocce d’acqua non le sentiamo neanche più e ci concediamo un catartico climax, di quelli che soltanto l’Heavy Metal (l’HEAVY Metal, perdiana! Non le sue discutibili contaminazioni moderniste!) e poco altro sono capaci di scatenare.

 


Dave Mustaine: Voce, chitarra
Kiko Loureiro: Chitarra, voce
David Ellefson: Basso, voce 
Dirk Verbeuren: Batteria

Data: 28/06/2018
Luogo: Roma - Ippodromo delle Capannelle
Genere: Heavy Metal / Thrash Metal

Setlist:
Hangar 18
The Threat Is Real
Wake Up Dead
In My Darkest Hour
The Conjuring
She-Wolf
Dawn Patrol
Poison Was The Cure
Sweating Bullets
Tornado of Souls
Trust
A Tout le Monde
Take No Prisoners
Dystopia
Symphony Of Destruction
The Mechanix
Peace Sells

Encore:
Holy Wars… The Punishment Due

 

 


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