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Norma
Bologna, Comunale Nouveau, 23 Marzo 2023

La Norma è una straordinaria fusione di melodia sublime, sfida vocale e potenza drammatica. Esamina una situazione senza età e archetipica: una donna potente compromette i suoi ideali per amore salvo scoprirsi tradita. Ma altrettanto avvincente è il suo rapporto con la donna più giovane, nuovo oggetto dell'attenzione del suo ex amante e in cui Norma vede sia una rivale che la proiezione di un secondo sé.

La religione qui è il collante che tiene insieme la società: un modo inconscio di dare forma al mondo conosciuto, ma anche lo strumento attraverso il quale schiacciare chi provi ad abbracciare soluzioni non convenzionali. La struttura dell'opera appare ancora di straordinaria attualità per il pubblico moderno grazie al denso corredo di germi e temi: la guerra, l'invasione, l'occupazione, la profanazione dei luoghi sacri, il tradimento della fiducia e l'abuso dell'amore, la ricerca della verità e la lotta per la libertà da una tirannica forza imperiale che soggioga la popolazione indigena. In fondo è una storia di sorellanza, forse la prima opera femminista. E Norma, abbandonata dal padre dei suoi figli, tenta, come Medea, di ucciderli. A differenza di Medea, la rabbia di Norma è mitigata dalla ragione. Come può uccidere le vittime innocenti dell'inganno di Pollione? Risparmiandoli, deve in una certa misura perdonare il suo amante. E alla conclusione dell'opera, il loro riacceso amore, grazie al perdono di Pollione da parte di Norma, dà loro la forza per affrontare insieme le fiamme in un sacrificio congiunto. Una donna forte e autoritaria, piena di comprensibile orgoglio e fiducia, Norma, è finalmente in grado di andare oltre se stessa e raggiungere un livello superiore di compassione; Norma e Adalgisa hanno dentro di sé un livello di comprensione e spiritualità che nessun uomo, o amante, potrà mai toccare o contaminare. Ma questa Norma della regista Stefania Bonfadelli sposta l'ambientazione originale del compositore. I Druidi, un tempo minacciati dai loro invasori romani, vengono collocati in un imprecisato scenario post atomico; l’intenzione originale permane: attorno ad un conflitto osserviamo le macerie di una società vinta, prevaricata e conquistata con i Galli sconfitti che cercano di preservare gli ultimi scampoli di un potere perduto. Ma le perplessità non mancano. Passi il ricorso ormai invalso di eseguire l’ouverture delle opere a sipario aperto, ma la movimentazione delle masse belligeranti durante la sinfonia iniziale e in altri frangenti apicali distoglie lo spettatore dalla drammaticità della narrazione e sembra voler interpretare ciò che ha già un compiuto senso musicale. Interessante invece la soluzione del piano inclinato sul quale collocare l’azione e l’impiego delle luci vermiglie e dei chiaroscuri a tratteggiare sfumature e mutamenti del dramma.

La Norma è un ruolo che richiede potenza vocale ed improvvisi sbalzi drammatici combinati con agilità e tecnica di un cantante di coloratura, grande controllo vocale dell'estensione, della flessibilità e della dinamica. L’ornamentazione non è finalizzata al virtuosismo, ma è portatrice di emozioni. Francesca Dotto riesce a coniugare queste caratteristiche per legato, trilli ed agilità. Nella esecuzione della “Casta Diva” Gestisce bene la libertà nel rubato durante la lunga ondulazione dei 12/8 fluttuando sopra l’orchestra e commuovendo nell’ampio crescendo della melodia. Fa uso delle fioriture correttamente solo nelle parti drammatiche e denota padronanza del registro superiore nella coda del difficile duetto del primo atto "In mia man alfin tu sei". Stefan Pop come Pollione è un piacevole tenore drammatico con un bel timbro, buona dizione e intonazione e ha ben delineato un uomo che vive un conflitto emotivo tra il suo ruolo di capo della forza di occupazione romana e l’amore per le due sacerdotesse druidiche. Aggredisce coraggiosamente il Do acuto di “Eran rapiti i sensi” nella cavatina iniziale “Meco all’altar di Venere” ricca e scura e canta con stile, sicurezza e buona uniformità di tono e con un impiego appropriato degli ornamenti e dei sovracuti. La spavalderia della cabaletta "Me protegge, me difende un poter maggior di loro" si è ben adattata allo stile enfatico del tenore ed è stata cantata con abbandono e spinta eroica. L’Adalgisa impersonata da Aya Wakizono ha un acuto brillante e forza nel registro grave ed è ben posizionata nella sua tessitura inferiore; il suo duetto con Norma, "Oh! Rimembranza!" è apparso equilibrato, preciso e celestiale. Grazie ad una felice presenza sulla scena, riesce a comunicare efficacemente il lato fragile ed emotivo del suo personaggio in esatto contrasto con l’assertività di Norma. Le due belle voci femminili, diverse ma complementari, si sono fuse magicamente nei celebri duetti trovando unità nel fraseggio. I Do acuti nei due duetti sono ben tenuti. Il basso Nicola Ulivieri/Oroveso ha dimostrato la necessaria forza vocale e il carattere eroico del personaggio; attento agli elementi drammatici del ruolo, è risultato convincente anche come attore. Efficace la resa della crisi di coscienza nel secondo atto, al cospetto dei crimini di Norma contro la sua vocazione sacra, contrapponendo gli istinti paterni del personaggio alle sue responsabilità di difensore della antica cultura. Ha declamato il recitativo “Guerrieri! a voi venirne credea foriero d'avvenir migliore” senza riserve, pulito ed incisivo allontanando il rischio di una resa monocorde. Limitata tuttavia la propulsività della direzione di Morandi con una contenuta spinta al dramma che ha reso la performance meno avvincente. La sinfonia iniziale è apparsa depotenziata e alcune dinamiche arbitrarie o “appiattite” nel tutto forte e fortissimo; troppo spiccata è apparsa anche l’enfasi sul rallentando in “Sì fino all'ore estreme” e singolari alcuni diminuendo improvvisi che smorzavano la tensione emotiva in fasi salienti della narrazione. Molto bene il coro diretto da Gea Garatti Ansini che ha cantato con tono forte, effetti e sfumature affrontando la perigliosa scrittura di Bellini tra unisoni e omofonie con i pericoli di lasciare i cantanti scoperti. I coristi hanno lanciato il primo atto dell'opera con un racconto di “Dell'aura tua profetica” che trasudava il mistero del primordiale mondo silvano dei Druidi. La loro dichiarazione di "Norma viene" ha trasmesso un autentico senso di anticipazione che si è trasformato in esasperazione quando la speranza di ribellione è stata negata dal consiglio della sacerdotessa. Nel secondo atto, il loro canto di "Attendiam: un breve inciampo non ci turbi" irradiava un lodevole coinvolgimento nel significato delle parole. La sincerità delle esclamazioni dei Druidi di “Guerra, guerra!” appariva cristallina, e l'eccitazione viscerale della loro vocalità è risultata elettrizzante. Entrambi convincenti, in piccoli ruoli che completano la trama, il soprano Benedetta Mazzetto come Clotilde, devota custode dei figli di Norma e il tenore Paolo Antognetti, nel ruolo di Flavio, subordinato e confidente di Pollione.

 

Foto: Andrea Ranzi

 

 


 

Norma

Opera in due atti

Libretto di Felice Romani

Musica di Vincenzo Bellini

Direttore: Pier Giorgio Morandi

Regia: Stefania Bonfadelli

Maestro del Coro: Gea Garatti Ansini

Interpreti principali

Norma: Francesca Dotto

Adalgisa: Aya Wakizono

Pollione: Stefan Pop

Oroveso: Nicola Ulivieri

Clotilde: Benedetta Mazzetto

Flavio: Paolo Antognetti

Orchestra Coro e Tecnici del Teatro Comunale di Bologna

 

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