Madama Butterfly
Bologna, Comunale Nouveau, 25 Febbraio 2023

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C’era molta attesa per il trasferimento della produzione operistica dalla storica Sala del Bibiena al nuovo spazio allestito a tempo di record nel padiglione Esprit Nouveau della periferica Zona Fiera. I tempi per consentire la ristrutturazione del Comunale parlano di ben tre anni di esilio e il nuovo sito, al battesimo di fuoco, pur risultando esteticamente gradevole, non appare irreprensibile per acustica: ambiente molto ostile per i cantanti e frustrante per le dinamiche medio basse. Tanta tappezzeria e moquette richiederanno intereventi tempestivi per correggerne la rotta.

La Madama Butterfly, ad oltre un secolo dalla sua prima rappresentazione, continua ad essere un’opera sorprendentemente moderna. Le arie, i duetti e i cori esaminano l'atteggiamento dell'America nei confronti del resto del mondo attraverso una lente critica. Puccini inverte persino il ruolo dello stendardo a stelle e strisce; tradizionalmente motivo di orgoglio, le note iniziali dell'inno nazionale fanno capolino solo nei momenti di vergogna. Questa scomoda dicotomia, combinata con il sessismo della trama e l'oggettivazione delle donne, bussa forte alla coscienza dello spettatore e rinvia potentemente ai disordini politici che hanno sconvolto gli Stati Uniti nella nostra attualità. Il design minimalista e squadrato dell'architettura dell'epoca scelto da Gianmaria Aliverta che ha riprodotto una tradizionale abitazione giapponese nella città portuale di Nagasaki ha contribuito, rispetto ad altri allestimenti più dispersivi, a valorizzare gli intensissimi risvolti psicologici incentrati sul lento consumarsi di un solo personaggio. Anche l'illuminazione è attentamente considerata, sottolineando bene i cambiamenti di scena e di umore. Il consapevole tormento di Butterfly, ingannata nell'affetto e nell'amore perseguito con tenacia sino al gesto estremo, matura in scena con la tensione interiore che Puccini aveva plasmato attraverso risultati insuperabili nella partitura, a cavallo tra costruzioni melodiche di inarrivabile raffinatezza e una pianificazione dell'orchestrazione imbevuta di un forte sinfonismo suggestivo ed orientaleggiante. Del resto tutta la partitura è un mondo di intersezioni culturali: le piste pentatoniche associate alle convenzioni musicali orientali si sovrappongono alla voce contrappuntistica che guida la tradizione classica occidentale.

La direzione legge bene il processo formale di Puccini e le grandi arie hanno pieno effetto così come lo straziante epilogo. Il ritmo è stato giudicato con precisione, ben gestiti anche i tormentosi rubati, la rapida apertura risulta piena di dettagli, i colori dei legni differenziati in modo sensibile e gli ottoni ben equilibrati. Gli interventi del coro si sono rivelati sempre conformi ai dettami della partitura pucciniana anche grazie al suggestivo connubio tra l'ottima scelta delle luci e le voci nel celebre "coro a bocca chiusa": speranza e presagio fusi dietro la montagna e nel cuore della piccola Cio-cio-san. Oren ha ben gestito il rapporto di sincrono col palcoscenico con una concertazione appassionata, pulita ed uniforme, ma talora sacrificata sulle dinamiche dall’acustica del padiglione determinando una dolorosa rinuncia a quelle sfumature molto marcate all’inizio dell’opera e nella splendida pagina sinfonica che apre il III atto dell’immortale partitura del monodramma pucciniano. Zarina Abaeva interpreta il ruolo della protagonista con buona tecnica e grazia, fornendo uno spaccato straziante del mondo interiore di una giovane donna le cui speranze e sogni vengono crudelmente distrutti, anche se non riesce a muovere le corde più profonde nel climax estatico del crescendo dal Si alto al Fa in “Un bel dì vedremo”. Nell’atto finale le sue varie sfumature tonali mostrano il lento disfacimento emotivo di Butterfly, ma non commuovono mai fino in fondo. Il Pinkerton di Antonio Poli è riuscito: il suo arrogante disinteresse all'inizio del primo atto si trasforma in qualcosa di più ardentemente sincero nel duetto d'amore “Vogliatemi bene”. Avvertiamo la sua fiducia trasformarsi in codardia nell'Atto III, anche se il suo ritratto non suscita mai empatia, come riesce al Pavarotti diretto da Karajan. Bene il suo “Viene la Sera” in duetto con Butterfly, in particolare il fraseggio, e appassionato in “Bimba dagli occhi pieni di malìa”. Il suo “Addio, fiorito asil” nell'atto finale era intriso di tangibile angoscia e rimorso. Angelo Veccia nelle vesti di Sharpless innesta compassione ed empatia nel ruolo ed una forte presenza vocale sul palco con recitazione ed espressione che comunicano sfumature nel dramma. I suoi tentativi di trasmettere saggezza allo spericolato Pinkerton sono ammirevoli e la sua empatia e il rapporto con Butterfly sono del tutto accattivanti. Collocato al centro del palco, a tratti, sembra quasi rompere la quarta parete con i suoi interventi aiutando il pubblico a consolidare la propria prospettiva. Aloisa Aisemberg, nei panni di Suzuki, offre una buona preghiera nell'Atto II, le interazioni con Cio-Cio-San nell'atto finale e nel “Tutti i fior?” del secondo atto sono di assoluto valore; canta bene e con convinzione "Il cannone del porto!". Il duetto con la padrona è accurato e le consente di mostrare la piena devozione e l’angoscia per il rifiuto della realtà e della sua condizione straziante anche se, a tratti, la delicatezza del personaggio sembra retrocedere rispetto ad alcuni slanci d’impeto. Il Goro sensale di Cristiano Olivieri, i cui primi scambi con Pinkerton chiariscono immediatamente le credenziali da viscido lenone, trasuda astuzia e interagisce perfettamente con l'arroganza e la spavalderia dell’americano. Ben caratterizzati infine dai rispettivi interpreti lo zio Bonzo, lo Yakusidé e il Commissario imperiale.

 

Foto: Andrea Ranzi

 


Direttore: Daniel Oren

Regia: Gianmaria Aliverta

Maestro del Coro: Gea Garatti Ansini

Interpreti principali

Madama Butterfly: Zarina Abaeva

Suzuki: Aloisa Aisemberg

F.B. Pinkerton: Antonio Poli

Sharpless: Angelo Veccia

Goro: Cristiano Olivieri

Lo zio Bonzo: Huanhong Li

Orchestra Coro e Tecnici del Teatro Comunale di Bologna

 

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