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The Manhattan Transfer
The Junction

Nella storia dei Manhattan Transfer, qualche avvicendamento volontario c’era già stato in passato, per lo più nel comparto femminile, restando pressoché invariato quello maschile con Tim Hauser ed Alan Paul a fare la voce “grossa”.
Morto nel 2014 Tim Hauser, peraltro fondatore e colonna portante del quartetto canoro, il posto vacante è stato occupato da Trist Curless, già vecchia conoscenza negli M-pact, e a distanza di 9 anni dal precedente The Chick Corea Songbook, vede la luce questa nuova incisione in studio intitolata The Junction.

I Manhattan Transfer nella loro carriera, sebbene impostati su solide basi jazzistiche, ci hanno più e più volte abituati ad improvvisi cambi di tendenza, sforando spesso nel pop melodico contaminato da sonorità elettroniche. La loro produzione musicale è però stata fondamentalmente imperniata sul jazz vocale genuino ed acustico.
Indimenticabili sono a tal proposito Vocalese, Swing, The spirit of st. Louis e Bop doo-wopp, nei quali la maestria delle loro capacità vocali è stata valorizzata da sonorità acustiche nella migliore tradizione jazz e doo-wop.
In altre situazioni hanno però preferito un approccio più commerciale e anche banale, appoggiandosi ad artificiosità elettroniche di discutibile digeribilità per i cultori del jazz più tradizionale.

Nel commentare questa nuova incisione, va subito detto che siamo di fronte ad una via di mezzo tra le due situazioni sopra descritte. L’uso dell’elettronica non è infatti disdegnato, ma il lavoro corale è comunque di tutto rispetto.
Per essere buoni potremmo dire che The Junction rappresenta il doo-wop del futuro, facendo tesoro degli insegnamenti del passato.
L’album è molto piacevole da ascoltare e le armonie corali create sono di primissimo livello. Se però ci si aspetta delle sonorità alla Vocalese o alla Swing, c’è il rischio di rimanere delusi. Il ricorso alla ritmica programmata è infatti in questa incisione molto presente.

Va dato atto però che è stato svolto un buon lavoro di arrangiamento complessivo e i suoni sono ben amalgamati, senza forzature verso una commercialità troppo spinta.
Come già accaduto nelle precedenti incisioni, tra i titoli di questo nuovo album è infine facile notare qualche gloria del passato, rivisitata all’occorrenza e adattata alle ugole dei quattro talenti.

Possiamo quindi dire serenamente che Tim Hauser non sarebbe rimasto deluso da questa nuova fatica discografica.
I puristi del jazz vocale potrebbero forse storcere il naso.
Per chi si adegua volentieri ed ha già apprezzato anche le escursioni elettroniche passate dei Manhattan Transfer, questo album sarà di sicuro gradimento.






Alan Paul: voce
Trist Curless: voce
Cheryl Bentyne: voce
Janis Siegel: voce

Anno: 2018
Label: BMG
Genere: Jazz vocale, doo-wop

Tracklist:
01.Cantaloop (Flip Out!)
02.Swing Balboa (Down on Riverside)
03.The Man Who Sailed Around His Soul
04.Blues For Harry Bosch
05.Shake Ya Boogie – Galactic Vocal Version
06.Sometimes I Do
07.Ugly Man
08.The Junction
09.Tequila / The Way Of The Booze
10.Paradise Within (Paradise Found)


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