Jorja Smith
Lost & Found

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La scena soul britannica si arricchisce di un nome nuovo, quello della talentuosa ventunenne Jorja Smith. Padre giamaicano e madre inglese, dopo che già da un anno il suo nome si stava rapidamente imponendo all’attenzione generale, la Smith arriva al primo album, questo Lost & Found che ha subito scalato le classifiche di vendita britanniche.

Un lavoro di classe, un soul attualissimo e raffinato, ma – diciamolo subito – non un capolavoro capace di far gridare al miracolo, anche se a colpire è la maturità e la personalità della giovane artista, autrice di tutti i brani e di interpretazioni articolate, di volta in volta vissute, sofferte, sornione, ammiccanti, istrioniche, ma sempre con un tono raffinato e disincantato che sorprende in una interprete così giovane. Interpretazioni sorrette da un timbro vocale tipicamente nasale e tuttavia limpido, suadente e indubbiamente affascinante, con una voce capace di escursioni dinamiche repentine e con una estensione che va oltre le due ottave (anche se nelle note più alte l’emissione si fa via via più esigua).

Il riferimento immediato è naturalmente Amy Winehouse, della quale la Smith si è sempre dichiarata grande fan (“grazie per avermi insegnato a volare”, come recita una sua dedica), ma se l’orizzonte nel quale si muoveva la grande interprete scomparsa è quello del soul-jazz, qui ci si muove in un ambito rhythm’n’soul più di consumo, quantunque del tutto scevro dai compromessi pop delle conterranee Adele o Duffy.
Semmai i richiami vanno alle interpreti più nobili del genere, da Erykah Badu a Lauryn Hill, l’eccellenza insomma. La voce di Jorja si esprime una ottava sotto a quella dei due mostri sacri; non è cristallina come quella della Badu, né ha l’emissione potente e sicura della Hill, alla quale l’accomunano semmai un gusto per le contaminazioni rap (qui molto contenute, eleganti e misurate, che danno il tono di attualità dell’album) e per l’attenzione ai testi, significativi, importanti e attenti al sociale; “Blue Light” tratta ad esempio il tema della discriminazione razziale nella vita quotidiana, mentre “Lifeboat”, come il titolo già suggerisce, parla del dramma dell’immigrazione. Altri brani, come la hit “Teenage Fantasy”, trattano invece delle problematiche esistenziali e della difficoltà legate al mondo giovanile. Come già per Amy Winehouse, anche le canzoni di Jorja Smith sono fortemente autobiografiche; anche lei infatti scrive i suoi brani dalla giovane età e in qualche modo ciò che porta al pubblico è la storia della sua vita.

Il limite di Lost & Found è dato dal suo essere abbastanza monocorde, tutto giocato su un mid tempo alla fine piuttosto ripetitivo, il che finisce per penalizzare la scrittura delicata dei brani, alcuni dei quali viceversa piuttosto interessanti. In effetti, il disco cresce ascolto dopo ascolto, ma è indubbio che una produzione meno standardizzata (per quanto di gran classe, va detto) avrebbe giovato al lavoro; è sperabile che le prossime prove superino questa impasse, senza peraltro virare più direttamente al mercato. Così come è molto probabile che la Smith affini ulteriormente la sua tecnica e le sue capacità espressive, quantunque – ripeto – già questa prima prova risulti sorprendente in quanto a personalità.

Un lavoro che gli appassionati del genere stanno apprezzando, visti i risultati commerciali e i numerosi riconoscimenti tributati alla sua autrice.


Jorja Smith: Voce



Anno: 2018
Label: FAMM
Genere: Pop-Soul



Tracklist:
01. Lost & Found
02. Teenage Fantasy
03. Where Did I Go?
04. February 3rd
05. On Your Own
06. The One
07. Wandering Romance
08. Blue Lights
09. Lifeboats (Freestyle)
10. Goodbyes
11. Tomorrow
12. Don't Watch Me Cry

 


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