BLK JKS
After Robots

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Innanzitutto vorrei precisare una cosa: non sopporto le abbreviazioni! Per questo motivo tramuterò magicamente manco fossi Harry Potter, BLK JKS in Black Jacks che poi alla fin fine è questo ciò che significa. Quindi… avete visto District 9? Si, no, manco morto..Penserete che c’azzecca sto gruppo che si chiama come un codice fiscale con sto film? Nulla rispondo io, se non fosse che a quanto pare in questo fine 2009 va molto di moda la cultura sudafricana e l’essere “particolarmente abbronzati”.
Proprio così, a quanto pare la profonda Johannesburg sta diventando il fulcro della crescita artistica mondiale. Altro che Los Angeles, Londra, Tokyo, se si vuole avere successo bisogna andare in Sud Africa. E proprio dal sud del continente nero emergono quattro ragazzi un po’ nerd, un po’ Bob Marley, un po’ Mars Volta. I Black Jacks nascono ben nove anni fa ma pubblicano solo ora il loro primo album. In questa generazione artificiale fatta di computer, tecnologia e suoni meccanici After Robots cerca egregiamente di smussare gli spigoli del ferro e dell’alluminio con musiche cadenti sulla tradizione zulu. Ebbene si avete capito bene, l’album si districa fra brani con cantilene africane immerse nel Jazz, nel Prog(ressive) Rock e nel fraseggio inglese quindi, se per caso arrivate ad un certo punto e non capite più che cosa stiano dicendo, don’t worry be happy. Avvertenze speciali: i titoli dei diversi brani sono a dir poco impronunciabili:
“Molalatladi” apre le danze... e che danze! Già dalla prima traccia si intuisce che l’album ci catapulterà direttamente alle periferie di Johannesburg, con i suoi colori e le sue tradizioni accentuate da una chitarra che rasenta la psichedelica e che prosegue in “Banna Ba Modimo” giungendo sino alle note mediorientali. Più profonda e coinvolgente è la bellissima “Standby” pezzo forte dell’album. Una chitarra dal suono pulito leggermente sporcata da un contorno terreno mentre la voce vola alta godendosi il panorama. “Taxidermy” inizialmente confusionale, tende a riprendersi fra un accelerazione e una frenata brusca che danno al brano quel tanto che basta per interessarsene. “Skeleton” fa riemergere un vago reggae nascosto egregiamente da un suono molto sperimentale chiudendo il tutto con “Tselane” un po’ carillon e un po’ ninna nanna, bellissimo il tamburello.

E’ bello sorprendersi. Un esperimento ben riuscito che spero abbia un seguito.

70/100



Lindani Buthelezi: Voce e chitarra
Mpumi Mcata: Chitarra
Molefi Makananise: Basso
Tshepang Ramoba: Batteria

Anno: 20089
Label: Secretly Canadian
Genere: Alternative/Progressive Rock

Tracklist:
01. Molalatladi
02. Banna Ba Modimo
03. Standby
04. Lakeside
05. Taxidermy
06. Kwa Nqingetje
07. Skeleton
08. Cursor
09. Tselane

Sul web:
BLK JKS @MySpace

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