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Yes
Heaven & Earth

Doppia recensione per Heaven & Earth degli Yes.

PRIMA RECENSIONE a cura di Gianluca Livi


Il peggiore album degli Yes di sempre.
Per prima cosa va riferito che la voce di Jon Davison, pur essendo decisamente estesa, perfettamente in linea con il sound del gruppo, appare stucchevole e laccata. In tal senso, era più apprezzabile quella di Benoit David (visti a Roma al Tenda a Strisce. Qui la recensione).
Per quanto afferisce all'aspetto più squisitamente musicale, l'album è veramente mediocre, imparagonabile al precedente, per me assolutamente discreto.
Il primo disco è insulso e lentissimo e regala un ascolto faticossissimo, che si fa pesantemente largo tra uno sbadiglio e l'altro.
Il secondo vinile è un tantino più elevato, con un ultimo brano che si segnala quale migliore episodio dell'album tutto, una sorta di pseudo suite, comunque poco più che sufficiente.
Si tratta di un lavoro di pop rock: musichetta scialba, sezione ritmica appiattita e standardizzata, idee discrete ma mai sviluppate.
A livello compositivo Davison è praticamente onnipresente (e forse è per questo che l'album ha questa inedita piatta propensione), White, Squire e Downes sono quasi del tutto inesistenti mentre Howe ci propone una sua versione sbiadita dei bei tempi.
Nel brano "A World Of Our Own" sembra di sentire i Beatles di "When I'm Sixty Four" che, se parlassimo dei Beatles andrebbe anche bene ma, trattandosi degli Yes (o presunti tali), la cosa lascia decisamente perplessi.
Chi scrive ha apprezzato, nel bene e nel male, tutte le precedenti incarnazioni della band, compresa la svolta rock di "90125" o il suono più determinato di "Drama", ma qui siamo veramente di fronte alla sagra della pochezza, lontanissimi dai picchi artistici degli anni '70 e anche degli anni 2000: "Magnification", "The Ladder", "Key to Ascension" erano veramente altre cose, degne dello storico moniker Yes
L'unica cosa ottima è la copertina. Per questo motivo, la fatica discografica è consigliata soltanto ai completisti o agli amanti di Roger Dean.

40/100

Gianluca Livi



SECONDA RECENSIONE a cura di Fabio Loffredo

Quando una band storica come gli Yes ritorna con un nuovo lavoro, non bisogna cadere nel tranello di trovare subito degli accostamenti con capolavori come Fragile e Close To The Edge, perché non riusciranno mai ad eguagliare quei momenti unici. 
Gli Yes nella loro lunga storia hanno avuto molti cambi di line-up, hanno cercato di adeguarsi ai tempi che cambiavano, ma senza perdere la loro identità ed il loro inconfondibile marchio. Già Fly From Here (2011) era un buon album, con parti prese dal periodo Drama e la voce di Benoit David era incredibilmente simile a quella di Jon Anderson
Con il nuovo Heaven & Heart (bellissimo il disegno di copertina firmato come sempre da Roger Dean), la band cerca di ritinteggiare il loro sound di quel rock progressivo che li ha resi famosi negli anni 70, ma il risultato non è sempre positivo. Il nuovo cantante, Jon Davison ha anche lui una voce molto simile a quella dello storico singer della band, ma c'è qualcosa di forzato che non sempre convince. Detto questo, Heaven & Heart rimane un buon lavoro, forse spesso troppo lento e semplice e per alcuni versi anche pop, ma si sente che è stato scritto ed eseguito con sincerità, passione, feeling e professionalità da una band che vuole rimanere nel mondo della musica, cercando di continuare a svolgere il proprio ruolo con molta onestà. 
Believe Again” ha quelle magiche ed inconfondibili sonorità marchiate Yes e la voce di Jon Davison è vicinissima a quella di Jon Anderson, in bilico tra album come Tormato e il repertorio più arioso degli anni 80, anche se spesso ci si avvicina pericolosamente ad un pop sofisticato. Già con “The Game” si respira più aria di prog, con Steve Howe sempre in ottima forma, atmosfere sognanti e “Step Beyond” è più allegra e solare, con Geoff Downes che rispolvera il suono di un Moog e la chitarra di Howe è sempre pronta a creare paesaggi incantevoli. “To Ascend” è introdotta da un arpeggio chitarristico, poi il basso di Squire e la voce di Davison, una lenta ballata sinfonica e progressiva e “In A World Of Our Own” sa essere più ritmata, mentre in “Light Of The Ages”, c'è veramente un ritorno degli Yes degli anni settanta, splendide atmosfere, dove Steve Howe e Chris Squire confermano la loro grandezza. 
Il finale è per due brani agli antipodi tra loro, la fin troppo semplice “It Was All We Knew”, salvata dall'egregio lavoro di Mr. Steve Howe e dal suo tocco chitarristico unico ed inimitabile, mentre “Subway Walls” ci riconsegna gli Yes con grande voglia di riportarci ai loro momenti migliori, quasi dieci minuti di durata, le tastiere ariose e sinfoniche di Downes, stacchi di tempo, il basso di Squire più presente, i controtempi di Howe e finalmente un drum-work più variopinto e tecnico da parte di Alan White ed il tastierista rispolvera stavolta un intramontabile Hammond ed ancora un grande Steve Howe, sicuramente il più in forma di questi leoni del prog e capace di far emozionare con la sua chitarra ancora oggi nel finale del brano. 
Questo è Heaven & Heart, questo sono gli Yes del 2014, sicuramente manca qualcosa, principalmente un tastierista geniale come Rick Wakeman che riesce a colmare ogni vuoto, un batterista più tecnico e fantasioso come era l'Alan White dei tempi d'oro e lui, Jon Anderson, unico ed inimitabile e non bastano mille Benoit David e Jon Davison, seppur bravissimi imitatori, a colmare questo vuoto. Comunque gli Yes non demordono, ci sono ancora e questo è quello che riescono ad offrire oggi e chi li ha amati e li ama ancora, come il sottoscritto, apprezzeranno anche Heaven & Heart.

69/100

Fabio Loffredo


Jon Davison: Voce e cori, chitarra acustica (nei brani 1 e 6)
Steve Howe: Chitarra elettrica, acustica, steel guitar e cori
Chris Squire: Basso, cori
Geoff Downes: Tastiere, computer programming
Alan White: Batteria, percussioni

Anno: 2014
Label: Frontiers Records
Genere: Progressive Rock

Tracklist
01. Believe Again
02. The Game
03. Step Beyond
04. To Ascend
05. In a World of Our Own
06. Light of the Ages
07. It Was All We Knew
08. Subway Walls


 








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