Violence quidi, esce dopo gli ottimi risultati - più di critica che di pubblico - che il terzetto toscano (dopo le session di registrazione di quest'ultimo quartetto, con l'entrata stabile in line-up del chitarrista Lorenzo Cappelli) ottenuti prima con Thick as the summer stars e Entertainment in Slow Motion, rispettivamente del 2009 3 del 2010, e conferma l'ottimo stato di salute che avvolge i fratelli Venturini.

Se il disco appunto a livello stilistico non offre niente di nuovo, a sorprendere in queste dieci nuove tracce sono la facilità con la quale i Ka Mate Ka Ora costruiscono canzoni in slow motion ricche di crescendo emotivi e stumentalmente articolate e mai legate alla normale forma canzone, portando sempre un bagliore di luce compositivo in fondo al tunnel del facile refrain.
Impatto indie decisamente più elaborato della media, la formula, non di facile digeribilità (a meno che non si sia fatto il pieno di Slint e My Bloody Valentine) concede all'ascoltatore un fertile terreno sonoro dove il rock (de)costruito dei KMKO sguazza con scioltezza riprendendo la lezione impartita dai Radiohead nel post Ok Computer: allontanarsi cosi tanto dall'espressività pop da essere in realtà mai cosi vicina.

Difficile elencare i momenti migliori dell'album, Violence è un disco che va ascoltanto nella sua integralità senza intromissioni, possibilmente con le cuffie per percepire le tante sfumature strumentali presenti. Resta il fatto che l'opener "Flowers" con le sue chitarre rugginose potrebbe rimembrare vagamente i Velvet Underground, "Lost words" invece si muove su lidi più pinkfloydiani e nel contesto, non sfigura nemmeno un episodio più solare come "Jasmine's lullaby". La cifra stilitica del combo però, è data dall'eterea "Daisies wine" dove il brit pop e psichedelia si fondono in (poco meno) di 4 minuti di assoluta leggerezza.

Chiosando, i Ka Mate Ka Ora giunti alla terza prova discografica palesano ancora una volta una capacità "paranormale" di confezionare brani dilatati che elogiano la lentezza e una deflagrante e deliziosa rumorosità nei solchi. Ammirevoli.

80/100

Alberto Bini: Batteria
Carlo Venturini: Basso e cori
Stefano Venturini: Chitarre, piano e voce

Guests:
Proxy Mary: Cori
Jacopo Regolini: Tromba
Alessia Castellano: Cello

Anno: 2012
Label: Inserire Label
Genere: White Birch Records

Tracklist:
01. Flowers
02. We're finally on our own
03. Birdy
04. The labster
05. Last words
06. Jasmine's lullaby
07. Daisies wine
08. The funeral march of the whales
09. Dreamer of pictures
10. Mistake song