Mamuthones
Sator

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Uscito ormai da qualche anno dai Jennifer Gentle, apprezzabile formazione di Rock Psichedelico nostrana, il batterista Alessio Gastaldello è rinato artisticamente sotto il monicker sardo di Mamuthones e Sator è il secondo disco di questo progetto per la quale termini come "pagano e "esoterico", anche a detta del suo autore non sono fuori luogo ma anzi, descrivono in maniera appropriata la sensazione mistica che si ha nell'ascoltarlo. Dal punto di vista strettamente musicale invece, la definizione data dal sottoscritto è interpretabile e ribaltabile a secondo della percezione personale, sta di fatto che nei solchi di questi suoni potrete ascoltare anche influenze Kraut, Ambient e Dark. Ritornado alle definizioni di pagano e esoterico, possiamo dire che la spiegazione sta tutta nella Sardegna, terra esplorata da Gastaldello durante un suo viaggio sull'isola: il nome Mamuthones infatti deriva dalle maschere carnevalesche usate in quelle terre e il quadrato di Sator (quello della copertina), è un simbolo Cristiano ritrovato in diverse città d'Italia e d'Europa, con quello di Pompei datato al 76 d.c. Un binomio tanto affascinante quanto misterioso, e la musica che ne è derivata non è da meno.
Dopo una breve introduzione fatta di thumb piano (una specie di xilofono), è il flauto di "In The Woods" ad aprirci le porte verso questo viaggio mistico fatto di suggestioni e musicalità scarna; "Ota Benga" è invece una danza tribale basata su percussioni dal ritmo sostenuto per tutta la sua durata, accompagnato da una flebile voce oltretombale. Un organo maestoso e inquietante fa da cuore pulsante per le atmosfere oniriche e sinistre di "Carryng The Fire", mentre in "Kash-o-Kashak" regnano la chitarra liquida e psichedelica di Isacco Moretto (che insieme a Maurizio Boldrin sono due Jennifer Gentle al servizio dell'ex compagno di band) e ancora una volta una voce in lontananza dai toni marziale, quasi ad anticipare l'arrivo della fine (sta a voi decidere la fine di che cosa). Unico neo della raccolta risultano quindi essere i quasi 9 minuti corali di "10000 Voices", sorretti da un flebile tappeto elettronico, ma sul finire si torna a respirare un'aria tesa e malsana con "2007-8-15" e "Ave Maria", collegate tra di loro e che non ci riportano verso la luce dopo aver attraversato il buio più totale per 6 brani, ma solo verso la conclusione di un'esperienza sonora destabilizzante. La seconda, che supera i 14 minuti di durata, è aperta da un gong e pochi rintocchi percussivi, questo per tutta la sua durata, son solo un tappeto sintetico in crescendo ad arricchire la composizione.

Cosa sia passato per la testa a Mamuthones quando ha deciso di scrivere un album come questo non si sa e forse non è dato sapersi, quello che resta è un lavoro lucido e ben suonato (ma assolutamente difficile d assimilare con pochi ascolti), plasmato sulle vicende di chi l'ha scritto e molto più sinistro e lugubre di decine di centinaia di band che trattano temi esoterici con i testi e chitarre stridule. La messa è finita, andate in pace.

79/100


Alessio Gastaldello: air organ, Batteria, Percussioni, voce, effetti e noises

Guests:
Isacco Maretto: Chitarra e voce
Maurizio Boldrin: Batteria

Anno: 2010
Label: Boring Machines/A Dilent Place
Genere: Elettronica/Alternative

Tracklist:
01. Me And My Thumb
02. In The Woods
03. Ota Benga
04. Carrying The Fire
05. Kash-o-Kashak
06. 10000 Voices
07. 2007-8-15
08. Ave Maria

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