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John Frusciante
The Empyrean

Prima di ascoltare questo disco c’è da chiedersi: che John sarà quello di The Empyrean ? Il progetto 6 album in 6 mesi, ormai vecchio di 4 anni, ci ha infatti presentato un musicista poliedrico, a suo agio con melodie agrodolci e suite psichedeliche, pezzi di puro rock e peculiari esperimenti di elettronica. Certo, sono emersi anche alcuni limiti: non tutti gli album pubblicati si possono considerare buoni. Ci sono stati momenti di appannamento, ma ciò che emerge dagli ultimi lavori è sicuramente una capacità di variare i temi musicali davvero notevole. È per questo che di fronte a The Empyrean non si sa cosa aspettarsi. Sicuramente è il disco più lontano da Curtains, il suo ultimo da solista, che si poteva fare. Se l’opera del 2005 era minimale, intima, scarna nella produzione e nella strumentazione, questa è super prodotta, ricchissima di suoni, molto ragionata. Se prima John aveva puntato quasi solamente sul potenziale emotivo dei suoi brani, fornendoli di arrangiamenti minimi, qui sfrutta al massimo la produzione, creando un impasto sonoro molto meno diretto, ma di grande qualità, suggestivo e coinvolgente. Si può parlare di una band che suona a nome Frusciante, visti i numerosi ospiti. Ciò che manca è la centralità della chitarra. Fino ad ora, bene o male, tutti i suoi lavori si basavano sulle linee melodiche dettate dallo strumento. Ora è diverso, le canzoni non sono focalizzate su un solo elemento, ma puntano alla coesione di più voci; sono una fitta trama di suoni. Da una parte si perde in immediatezza, dall’altra si guadagna nella ricchezza dei tessuti musicali, mai così ricamati e rifiniti. Questo non significa che sia un disco barocco e ridondante: quando è necessario, John sa mettere a tacere gli strumenti in sovrappiù e ricreare l’intimità di Curtains. La cover “Song To The Siren” ne è un magnifico esempio. Sembra sorretta dai sospiri dell’anima. I suoni spuntano qua e là, gentili, ma la vera protagonista è la voce, splendida quando si lancia in vocalizzi catartici, ma ancora più splendida quando sussurra dolci parole d’amore. John ha vita dura con Tim Buckley, ma di sicuro la sua prova non sfigura di fronte all’originale. Tutt’altro. Prima di questo gioiello troviamo “Before The Beginning”, monolitico intro strumentale. Qui la chitarra regna sovrana, con le sue lunghe note alla Gilmour. È un suadente intrigo di echi, suoni spaziali ed una melodia esile quanto piacevole. Non a caso ho citato il chitarrista dei Pink Floyd; trattasi infatti di un brano psichedelico, di una psichedelia rarefatta e desertica, ma non arida. Solitaria ma non desolante. Sembra un grido nella notte. Significativo anche il titolo che rimanda ad una concezione platonica della vita. Insomma, il concept inizia a farsi presente fin da subito. I minuti (9) scorrono lenti e ci preparano nel migliore dei modi alle atmosfere avvolgenti del disco. Bisogna abbandonarsi alle note di John per gustare appieno la solennità quasi religiosa di quest’opera. Dopo lo strumentale e la cover, arriva un brano cardine del disco. “Unreachable” parte un po’ in sordina con una melodia molle, ma ben presto cambia volto e si arricchisce sia nella melodia, ben calibrata ed efficace, sia nell’impasto musicale, ricco di effetti stranianti, intermezzi suadenti, spazi rarefatti. Un brano complesso, che mostra una profonda opera di rifinitura, ma anche una maturità notevole in fase di concepimento. “God” prosegue il concept “divino“ con un piglio meno criptico. Il testo è chiaro.
Musicalmente ci avviciniamo al Pop/Rock di The Will To Death; una melodia molto gradevole e diretta, inserita in una scenografia musicale di grande spessore. Le percussioni in evidenza, arpeggi caldi, suoni ispidi e uno strato di synth che va ad irrobustire il sound. L’andamento del brano è vivace, con momenti pacati e esplosioni di adrenalina. La tendenza alla complessità si palesa definitivamente in “Dark/Light”; una suite in due parti. La prima, Dark, si muove ovviamente nell’oscurità, con poche note di piano ed eco che si inseguono. La seconda, Light, esplode in un caleidoscopio di colori, che lascia poi spazio ad una coda strumentale forse un po’ lunga ma di forte presa emotiva. In “Heaven” si fa notare il basso di Flea (suo compagno nei Red Hot Chili Peppers): colori sono tenui, delicati. È un brano in punta di piedi. È anche il più semplice del disco. Non mancano però ricami interessanti. Quasi una ninna nanna paradisiaca, come dice il titolo, molto piacevole, anche se interlocutoria. È la classica pausa che ci fa rifiatare dopo la ricchezza debordante dei primi cinque brani. “Enough Of Me” divaga un po’: il tono è meno mistico, le sonorità più rilassate. La seconda parte della canzone è dominata da uno sghembo assolo di chitarra, surrogato da un sottofondo esotico di maracas. Grande fulcro del disco è “Central”. Parte con una melodia molto fluida, sopportata da note zuccherine di pianoforte, che esplode potente nel ritornello. Ma la grandiosità del pezzo emerge pian piano. Dopo le strofe iniziali, ci troviamo di fronte ad un lungo climax, il nocciolo vero e proprio della canzone. Solo una struttura simile avrebbe potuto creare quella tensione, quel senso di gioia vitale, di amore per la vita che il brano riesce a suggerire. È una fuga, frenetica, irrazionale, ma che in realtà non ha un vero motivo di essere. Rappresenta le nostre vite, che rincorrono continuamente qualcosa, ma il vero motivo per vivere è la corsa, non la meta. Al di là di queste interpretazioni personali, siamo di fronte ad un punto d’arrivo per John. Il brano è di una completezza estrema; sa coinvolgere, affascina fin da subito, è ricchissimo di elementi musicali diversi e si fa apprezzare per l’immediatezza melodica.
La successiva “One More Of Me” mostra un Frusciante inedito, alle prese con un timbro vocale cavernoso. La melodia è una delle migliori, arricchita poi dagli archi che nel finale regalano grandi emozioni. Il congedo è affidato alla foschia mistica di “After The Ending”. Altro chiaro messaggio religioso - filosofico.
The Empyrean è un’opera di forte spessore concettuale, oltre che musicale. L’argomento religioso affonda sicuramente le sue radici nelle esperienze traumatiche di John e si proietta verso una concezione positiva della vita. La componente platonica emerge fin da subito e si riconferma in frasi come “Everything is eternal” e “What is has always been and will always be”.
Un lavoro che mostra una complessità nuova, frutto anche dei numerosi collaboratori. Dall’amico Flea al fido Josh Klinghoffer, da Johnny Marr al Sonus Quartet. Frusciante ha saputo migliorarsi sotto diversi aspetti. Innanzitutto la continuità; è difficile trovare un brano debole in questo disco. Il lungo periodo di concepimento e produzione ha dato i suoi frutti. Anche la capacità di sintesi è migliorata; cinque anni fa servivano diciotto brani (Shadows Collide With People) per esprimere tutte le potenzialità. Ora ne bastano dieci e il risultato non è affatto inferiore. John ha imparato a non essere dispersivo. Questo disco è un concentrato di tutte le sue influenze e non risulta frammentario. Anzi, è uno dei suoi lavori più uniformi e coerenti. Certo, manca la genialità folle di Niandra LaDes, manca l’emotività quasi straziante di To Record Only Water For Ten Days, ma questo The Empyrean è un lavoro di ottima fattura, che sostituisce all’ispirazione genialoide e scostante del passato una capacità di mediare i contenuti e di rielaborare le forme davvero rara.
Non c’è una canzone che ci fa strabuzzare gli occhi o storcere il naso, no, ma ogni brano sa rivelarsi uno scrigno di segreti. Sta all’ascoltatore avere la sensibilità e la pazienza per capirlo.

75/100


John Frusciante: Voce, chitarre, piano, synth e batteria

Guests:
Josh Klinghoffer: Piano elettrico, batteria, organo, piano acustico, synth e cori
Flea: Basso
Johnny Marr: Chitarre
Lawrence Young: Voce
Donald Taylor And the New Dimension Singers: Voce
Sonus Quartet: Archi
Ryan Hewitt: Recording engineer
Adam Samuels: Recording engineer
Sara Killion: Recording assistance
Dave Lee: Instrument tech

Anno: 2009
Label: Record Collection
Genere: Rock

Tracklist:
01. Before The Beginning 
02. Song To The Siren 
03. Unreachable 
04. God 
05. Dark/Light 
06. Heaven 
07. Enough Of Me 
08. Central 
09. One More Of Me 
10. After The Ending

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