Home Recensioni Album Folkearth - Viking's Anthem

Folkearth
Viking's Anthem

I Folkearth sono famosi per le loro formazioni allargate ed internazionali, per i lavori e il valore scarso della qualità di produzione, per l'incoerenza di spingersi verso un'unica direzione nel mondo melodico o aggressivo del pagan metal e per la grande (forse troppa) smania di produttività di album (quasi uno all'anno, se non due). Gia nel 2006 hanno raggiunto il loro apice con l'album 'By The Sword Of My Father', ma da lì a poco le cose sono cambiate, molti meno componenti hanno fatto parte della line-up, riducendosi così agli attuali 14 elementi, e devo ammettere che gli album precedenti a questo già delineavano un cambiamento a mio avviso positivo.

I maggiori problemi che in passato emergevano erano proprio l'assenza di rotondità del genere e del sound dovuto alle varie influenze di riferimento dei tanti componenti della band, spesso con culture e backgrounds musicali totalmente differenti, oggi i Folkearth sembrano essere la "band" più band e meno dispersiva, con un genere ed una strada di riferimento da perseguire, certo molto meno pomposa e variegata ma con delle costanti che credo ripagheranno nel tempo, la produzione non é più terribile e si scrivono finalmente canzoni coerenti.
Bene, la qualità della produzione di questo album, come dicevo, è davvero buona, non è esaltante certo, ma è buona (soprattutto per essere stata registrata e riversata con il solito metodo a puzzle...vista la lontananza fisica di molti componenti) e migliore rispetto alla maggior parte di ciò che i Folkearth hanno prodotto in passato.
Sui vecchi album del passato le chitarre di solito suonavano più lontane e fioche, oggi hanno una prestante potenza e una presenza reale. La voce non è più distorta e strana come se uscisse da microfoni di poco valore seppure stavolta l'impostazione sia più monocorde che varia del passato. La batteria é pulita e precisa, e potrebbe esserlo anche un pò di più per dare maggiore sfogo alla sezione ritmica e al risultato finale.

Penso che questo può essere considerato l'album più coerente della storia dei Folkearth fino ad oggi. Non ci sono canzoni riempitive, nonostante l'album duri poco meno di cinquanta minuti (quindi non poco). L'album è molto melodico, data la presenza dei soliti strumenti folkloristici, ma la parte "popolare" insita nel "folk metal" qui viene per lo più accennata solo attraverso l'uso degli strumenti popolari stessi, non necessariamente però si ha uno stra-abuso di questi, anche se in alcune canzoni come 'The Nightmare' si conquista la melodia decisamente con il sapore folk. Ritmicamente questo disco è tutto fatto di metallo e non popolare su tutto, come si riscontrava nelle prime release, quando la componente metal era molto presente fra tutto il resto...

E per una volta tanto va notato che l'uso dei 'raging blast beats' come sono stati presenti sul precedente album non stonino e non paiono fuori luogo, c'è un accento "evil" che a me proprio non dispiace.

Ottimi i passaggi acustici anche se stavolta l'unico brano puramente acustico è la canzone di chiusura "Legacy Of Steel", piacevole e molto narrativa e sognante.
La mancanza di canzoni acustiche aiuta davvero a dare un flusso positivo al disco e senza incappare nel solito ritornello e paradigma schematico.
Ci sono, come sempre, molteplici usi di cantato su questo album, ma sono fondamentalmente solo leggermente diversi, per lo più voci maschili e spesso e volentieri ringhianti nel suono (scream, growl), da notare che c'è un solo tipo di canto pulito e una sola voce femminile normale piuttosto che quelle ultra fascinose di un tempo (che devo dire non è che ci stessero poi tanto male).

Proprio come quasi sempre la title track è una delle migliori tracce dell'album, ci sono un sacco di fraseggi di chitarre trionfanti ed altri riffing molto trituranti al limite con un certo metal estremo sporco e sprezzante che da il giusto tocco di cattiveria, batteria sospesa e cavalcante, e violino con voce femminile poco invasive ma bene interposte.
Non ci sono pezzi noiosi, ma a volte, come in 'to Avalon' si cambia registro e dopo la fine della intro acustica si da libero sfogo alla parte di metallo martellante, soluzione forse troppo scontata ma che a me piace se in un solo episodio e di fatti non appena subentrano gli altri strumenti (chitarra, violoncello, flauto, eccetera) l'ascolto diventa meno piatto e prevedibile. Infatti le altre tracce sono tutte congeniate il maniera più musicale e 'contrappuntistica'.

Non ci sono canzoni immemorabili questo è certo, e questo non é il disco viking folk dell'anno, forse la strada per la perfezione è ancora lunga ma la via é intrapresa a meno che di cambi repentini di stile, questo è un album diverso da quello che ho sentito sotto il marchio di Folkeatrh in passato, ci sono molte atmosfere trionfali e si evince una certa voglia di narrare in musica eliminando tutte le prolissità del passato, spero che ci sia un giusto e degno successore.

Viking folk go on!

70/100


Marios Koutsoukos (Gre)
Polydeykis (Gre)
Dennis Schwachhofer (Ger)
Nostarion (Ger)
Florian Busch (Ger)
Simon Müller (Svi)
Münggu Beyeler (Svi)
Metfolvik (Lit)
Matthew Bell (Australia)
Simon Batley (Australia)
Michaël Fiori (Monaco)
Anaïs (Monaco)
Kyle Freese (USA)
Loki (Fra)

Anno: 2010
Label: Stygian Crypt
Genere: Epic/Folk/Viking Metal

Tracklist:
01. Beasts From The Blizzards
02. Ragnarok
03. There Is No Death
04. The Eternal City
05. Viking's Anthem
06. To Avalon
07. A New Day Is Rising
08. Warrior Code
09. The Conquering Nightmare
10. Set Sails To Conquer
11. Legacy Of Steel

 

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