Home Recensioni Album Folkearth - Father Of Victory

Folkearth
Father Of Victory

Quarta fatica per la band internazionale Folkearth che si differenzia dalle passate release per un sound che al primo ascolto mi pare più diretto e caratterizzato dalla scomparsa di arie pompose e potenti per determinarsi al solo incontro-scontro tra folk e una sorta di black metal epico che non va tanto per il sottile; mi sembra anche scomparsa la capacità di inglobare altri campi e settori del metal per concentrarsi su un alone acustico-progressivo dal sound più aspro e meno moderno che in passato.  La vera inversione di tendenza è forse dovuta alla line-up, più snellita e all'abbandono (spero non definitivo) di alcuni elementi che ritenevo fondamentali come ad esempio Magnus Wohlfart dei Nae'blis e il ché si sente eccome, forse abituato al vecchio sound adesso mi trovo un poco spiazzato nell'analizzare questo lavoro. Venti musicisti provenienti da ben sei nazioni differenti assemblano l'album che stavolta sembra più quadrato e standard, focalizzato su binari certi e delineati verso una identità musicale univoca. Un brano che mi garba infatti è 'Sleipnir' uno strano connubio di black metal freddo drum programming oriented e inspessito dall'utilizzo di un flauto che sembra strappato a un Ian Anderson dei Jettro Tull in fase di 'scazzeggio'...
Stavolta la produzione mi sembra ancora più scarna, ma conserva tutto quel sapore underground che a me piace ma che a molti padiglioni auricolari fini probabilmente farà storcere il nasino, è certo però che il disco sprigiona molta meno potenza che in 'Drakkars of the mist' o 'By the sword of my father' ed è molto meno vario che i precedenti, sinceramente a me sembra un disco più di norma nonostante il trade mark resti quasi intatto, ma durante l'ascolto si ha la sensazione che manchi qualcosa...

La hit del disco è di certo la title track 'Father Of Victory' dedicata così come l'intero album al Dio Odino, la track è acustica con l'onnipresente flauto a fischietto e le chitarre di accompagnamento a quello che è un vero e proprio inno, la successiva 'Charles Martel' è un'altra delle mie preferite dove il folk va in secondo piano per dare spazio alla voce quasi black e ad un incedere epico battagliero che stavolta non assomiglia troppo a Falkenbach ed anzi spazia dal tema black 'cavalcante' a fragili tentativi di contrappunto di musica classica facilitati dai violini e dall'ambientazione dei synth appena accennata.

Stiamo parlando quindi di 2 track che messe al confronto non hanno quasi niente in comune ed infatti il feeling cambia e di molto ma al contempo non determina quella saturazione esplosiva dei precedenti album. Da notare comunque alcune ottime soluzioni che spesso vengono snaturate da un rumorio fastidioso e ovattato proveniente della registrazione (specialmente la batteria che a volte è campionata e dal suono vuoto e meccanico e altre volte oltremodo 'barattolosa'...), e poi c'è un'altra cosa che mi infastidisce, alcune vocals femminili (troppo presenti) stavolta sono quasi stonate e spesso poco appropriate per il brano, per timbro e scelta degli acuti (senti 'Wallachian Warlord' per capire di cosa parlo) e l'album ne risente perché chi partirà con la finalità di stroncarlo metterà di certo in risalto questo importante aspetto che spesso coinvolge anche le voci basse maschili...

L'album nel complesso è piacevole, per esempio 'The Iron Wolf' è una buona song, diversa dalle altre e poi ci sono anche brani dove si sente meno musica celtica e più medieval style, anche 'Dawn in Tir Na N' Og' gioca su un equilibrio precario tra musica di aggregazione, canti goliardici e sferrate selvatiche, chiudendo gli occhi sembra di vederli tutti e 20 suonare attorno ad un enorme fuoco all'imbrunire bardati di tutto punto, lo stesso feeling si assapora con la successiva 'The Will Of Odin' (la seconda hit del disco...); e poi 'Heroes In The Sky' che è la mia terza preferita che sa molto di doom gothic metal anni '90, purtroppo scompare o quasi l'ombra epicheggiante Bathoryana e i 20 musicisti si concentrano su un arrangiamento, si semplice ma carico di pathos e accompagnamenti, a discapito di ‘solos’ e tecnicismi che in piccola dose non sfigurano mai, da non dimenticare poi le quasi stonature e le incertezze in alcune parti musicali anche con gli strumenti tradizionali che ora non so se volutamente stonate o figlie di una frettolosa e prematura voglia di mettere fuori il disco, credo che la Stygian Crypt stavolta dovrebbe rimettere in linea la band e dare più attenzione alla produzione conscio del fatto che la lontananza fisica di molti componenti sia una lacuna incolmabile, si lavora infatti, credo, con dei dat registrati non so come, forse 'homemade' che probabilmente vengono ri-assemblati solo alla fine in uno studio professionale.

Si chiude con 'Carmina Bellica' una ambient dark song che rimanda al filone rituale dove la bella eterea voce di Hildr Valkyrie conclude degnamente il platter.

70/100


Marios Koutsoukos: Tastiere, voce (Greece)
Hildr Valkyrie: Voce, tastiere (Greece)
Pete Jay: Voce, basso (USA)
Elias Bloch: Batteria (USA)
Juliet: Violoncello (France)
Owain ap Arawn: Chitarra, tastiere, voce, basso(Wales)
Yohann Clement: Batteria (Fra)
Mickaël (Loki) Jenft: Chitarra, voce, tastiere (France)
Ruslanas: Voce (Lithuania)
Christina Katsamatsa: Voce (Greece)
Polydeykis: Piano, fisarmonica, chitarra, flauto (Greece)
Shea Martinsson: Flauro irlandese (USA)
Mark Riddick: Flauto, batteria (USA)
Elio D'Alessandro: Voce (Italy)
Dreogan: Chitarra, basso (USA)
Fearann: Gaïta, flauto (France)
Anna Shannon: Violino, flauto (England)
Becky: Arpa celtica (Italy)
Fra: Violino (Italy)
Fabio: Flauto (Italy)

Anno: 2008
Label: Stygian Crypt
Genere: Viking/Folk Metal

Tracklist:
01. The Forlorn Knight
02. The Purest Breed
03. Sleipnir
04. What Glory Remains
05. Dawn in Tir Na N' Og
06. The Will Of Odin
07. Father Of Victory
08. Charles Martel
09. Wallachian Warlord
10. The Iron Wolf
11. Heroes In The Sky
12. Carmina Bellica

 

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