Attilio Virgilio (MONTEFELTRO)

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Intervista ad Attilio Virgilio
di Gianluca Livi

Introduzione

Esponenti della seconda ondata del new prog italiano, i Montefeltro nascono nei primi anni '90 per volontà del tastierista Piergiorgio Ambrosi e del chitarrista Attilio Virgilio, ai quali si aggiunge una sezione ritmica composta da turnisti. Il loro esordio, "Il tempo di far la fantasia" (lo abbiamo recensito QUI), pubblicato nel 1992 dalla prestigiosa Musea, omaggia con dovizia i mostri sacri del prog settantiano, in particolar modo i Genesis più armoniosi e sinfonici, senza dimenticare la gloriosa tradizione italiana, sia classica, sia progressiva.
Autori nel 2001 di un secondo album - stavolta per mano di uno soltanto dei due fondatori - il gruppo permane nella compagine musicale dello specifico genere di appartenenza, pur proponendo incursioni nella fusion, ancorché appena lambita.
Abbiamo incontrato Attilio Virgilio, unico membro storico della band, che svela alcune curiosità e ci fornisce anticipazioni su un terzo album tuttora in cantiere.



Montefeltro:

Attilio Virgilio: vocals, guitar (1990 - present)
Piergiorgio Ambrosi: keyboards, piano (1990-1993)
Fabio Ferri: batteria (1990)
Fabio Cifani: basso (1990)
Giampiero D’Andria: basso (1992)
Pierpaolo Ferroni: batteria (1992-1993)
Gianni Colaiacomo: basso (1993)
Filippo Manni: basso (2001)
Giuseppe Ruggiero: batteria (2001)

Discografia:
Il Tempo Di Far La Fantasia (1992, Musea)
Le Meilleur Du Rock Progressif Européen ‎(1995, Musea, Compilation)
Il Pesce Rosso Vestito Alla Werther Mangiò L'Uva Il 1° Dell'Anno ‎(2001, Mellow Records)






A&B - Vorrei, per cominciare, che evidenziassi, con una veloce panoramica biografica, gli esordi dei Montefeltro.

Attilio Virgilio - Il primo nucleo nacque sui banchi di scuola (più spesso dietro la lavagna), con l’entusiasmo di mettere su qualche cover di genere vario e brani di nostra composizione. Ci volle qualche sporadico concerto per partorire una prima lineup: al basso e alla batteria c’erano Fabio Cifani e Fabio Ferri, poi confluiti in un’altra formazione prog, Arcadelt. Gli esordi dei Montefeltro, per come siamo conosciuti discograficamente, furono per noi piacevolmente entusiasmanti. Sopraggiunti nuovi bassista e batterista, iniziammo sistematicamente, come in una sartoria, a cucire le parti dei brani. Il team stellato era composto da Piergiorgio Ambrosi alle tastiere, io, Attilio Virgilio, alle chitarre e alla voce, più i preziosi “guest” Pierpaolo Ferroni alla batteria e Giampiero D’Andria al basso. Inizialmente sperimentavamo il gradimento del repertorio ‘in progress’ dal vivo, fino a quando, con Piergiorgio, ci sentimmo pronti a realizzare un album. Spendemmo un anno a cercare suoni e arrangiamenti da portarci in valigia quando ci trasferimmo in studio per realizzare il master de “Il tempo di far la fantasia” (album recensito qui), certi che quell’album sarebbe nato pur senza ancora sapere da quale madre-etichetta.

A&B - I Montefeltro fanno parte della seconda ondata del prog, degni successori di gruppi quali Ezra Winston, Leviathan, Notturno Concertante e tanti altri. Quali sono, secondo te, i gruppi più rappresentativi che aprirono la strada al new prog italiano?

Attilio Virgilio - Ritengo che l’onda più popolare del ritorno al gusto prog furono i Marillion, a ruota gli IQ. In Italia, sicuramente gruppi come Ezra Winston, Leviathan, Tale Cue sono i primi che mi tornano in mente della prima onda di fine anni '80. Non riconosco una sequenza generazionale all’interno di quegli anni. Piuttosto, la distinguo tra le produzioni di quegli anni 80/90 e gli anni 2000, dovuta, a mio avviso anche all’evoluzione del pianeta Prog mondiale con i lavori dei dinosauri e del mondo Porcupine Tree.

A&B - E quali quelli che ispirarono i Montefeltro?

Attilio Virgilio - Nessuno di quelli del New Prog. Noi ci ispiravamo alle fonti e a qualcosa di non-prog. Oltre ai classici italiani ed esteri del prog ‘storico’, Piergiorgio amava il genere dark, anche quello non conosciutissimo, e la musica classica. Personalmente, ritengo che Le Orme (per il cantato) e Steve Hackett (per la chitarra) siano stati i due primi riferimenti negli esordi di Montefeltro. Mi intrigavano, come tuttora, anche ‘mentalità’ musicali molto distanti quali Laurie Anderson, David Byrne, i Cardiacs e il pop di qualità degli anni 80, per esempio quello dei Talk Talk.

A&B - Su Prog Archives (QUI) viene riferito che Toni Pagliuca, de Le Orme, vi aiutò a compiere quei primi passi...

Attilio Virgilio - E' vero. Ricevemmo un grande impulso quando Tony, un mito per noi, ascoltò una nostra cassetta contenente un nostro demo. A Tony piacque a tal punto da fornirci ottimi e incoraggianti consigli. Le giornate delle registrazioni del disco resteranno per sempre un carissimo ricordo di un’esperienza che nessuno di noi aveva mai fatta prima. Riempivo il tragitto da casa all’università ascoltando il master col Walkman, nella ricerca costante di migliorare le emozioni che volevamo trasmettere.

A&B - Come entraste in contatto con la Musea?

Attilio Virgilio - Inviammo loro una copia del master. La Musea era un nostro riferimento di qualità riguardo ai dischi che ascoltavamo in quel periodo. Ricordo ogni scatto del telefono quando ricevetti una telefonata da Bernard Gueffier, presidente della label francese, che mi annunciava di essere rimasti entusiasti per quanto gli avevamo mandato e che avrebbero voluto realizzarlo su cd. Piergiorgio e io prendemmo un treno per Metz (ancora il Concorde non fermava lì) e firmammo il contratto godendoci un momento così magico per noi. Quando arrivarono i cd appena pubblicati iniziò la promozione che ebbe grande eco sia editoriale (fanzine e riviste italiane ed estere) che radiofonica: a Roma, su Radio-Rock ci si poteva ascoltare molte volte al giorno per un lungo periodo. Anche il cd ebbe un grande riscontro commerciale in ambito indie.

A&B - La promozione incluse anche attività dal vivo?

Attilio Virgilio - Ovviamente sì. Ricordo in particolare uno dei nostri concerti del 1993, al Castello, un bellissimo locale incastonato tra Castel Sant’Angelo e Piazza San Pietro. All’epoca dei nostri concerti era uno dei luoghi per la musica live-rock più frequentati. Per quei live si unì alla band il grande Gianni Colaiacomo, già bassista del Banco del Mutuo Soccorso e collaboratore di Angelo Branduardi, altro mito musicale per me e Piergiorgio (successivamente, il bassista confluirà nei citati Ezra Winston. NdA). Come esibizione collettiva, ricordo che, tra i concerti al Castello, suonammo sempre nel 1993 con altri tre gruppi: Gallant Farm, Leviathan e Mad Cryon. L’anno successivo, il 21 maggio, suonammo al Belli, un delizioso teatro barocco nel quartiere di Trastevere, tre giorni prima che io partissi per svolgere il Servizio Civile e quello fu effettivamente l’ultimo concerto dei Montefeltro, in trio, avendo già assunto io anche il ruolo di bassista. Per esibirci come volevamo dedicavamo molte prove di sala, anche perché dal vivo ci piaceva e divertiva arrangiare il repertorio in modo diverso dal disco.

A&B - I rapporti con la Musea terminarono con quella esperienza?

Attilio Virgilio - Il brano “La collana riflettente” fu scelto e inserito nel 1995 in uno dei cd ‘compilation’ della Musea, “Le meilleur du rock progressif européen”, dove ci trovammo orgogliosamente appaiati ad altre famose band quali Leviathan, Galadriel, Kaipa.

A&B - Quali riscontri aveste in oriente? Mi riferisco, ovviamente, al Giappone e alla Corea, notoriamente molto attenti alla scena progressiva italiana.

Attilio Virgilio - Notevoli riscontri. Dalla Musea mi arrivavano continuamente dettagli di critica (articoli su di noi di riviste italiane e internazionali) dai quali era evidente l’apprezzamento giapponese e coreano ma anche statunitense. Per l’Europa mi sorpresero i grandi apprezzamenti dall’Inghilterra e dalla Scandinavia.

A&B - Siete partiti in due nel primo album per poi arrivare ad un progetto solista nel secondo album, che ti vedeva quale unico componente della formazione originaria. Cosa successe in quei 9 anni?

Attilio Virgilio - Piergiorgio aveva altri progetti tra i quali un cd di musica elettronica pubblicato dalla Musea qualche anno dopo. Io iniziai a comporre e registrare musica per la colonna sonora di “Le nozze di Pinocchio”, un film del regista Pietro Silvestri, e per la produzione teatrale de “Le città Invisibili” di Calvino, progetto per il quale avevo anche disegnato le scenografie. La mia attività di architetto è un contributo linguistico molto forte nel mio modo di comporre, viceversa le mie regole musicali le applico nella progettazione.

A&B - I tuoi progetti solisti si sono fermati qui?

Attilio Virgilio - Nei recenti anni sto sviluppando ricerca di psicoacustica nella composizione di Soundscapes da diffondere negli ambienti architettonici e paesaggistici urbani e naturali. Negli anni mi sono dedicato molto a tutti gli strumenti e alla realizzazione di un mio studio di registrazione. Ho avuto esperienze musicali di sperimentazione elettronica suonando tastiere e basso, sonorizzando dal vivo alcune pellicole del cinema espressionista, vere performance in cui l’improvvisazione la faceva da padrone lasciandosi influenzare in ‘real time’ dallo scorrere dei film proiettati. Delle performance effettuate, quella che più mi ha soddisfatto è stata quella sul film “Metropolis”, in cui ho utilizzato una speciale tastiera di processamento vocale, la Roland VP 770, usata molto raramente in genere ma abbondantemente dall’ultima generazione degli Enid, band che adoro immensamente.

A&B - Torniamo ai Montefeltro. Mi dicevi di del range di tempo che separa i vostri due album.

Attilio Virgilio - Durante quei 9 anni, occupandomi di Restauro dei Monumenti, il contatto con le opere d’arte del passato mi ispirò a comporre nuova musica per i Montefeltro, esplorando le potenzialità espressive della chitarra-Synth con l’obiettivo di evolvere “architettonicamente” il mio approccio compositivo. Conobbi il batterista Giuseppe Ruggiero ed il bassista/producer Filippo Manni. Iniziammo a provare in sala le nuove composizioni che si vestivano di suoni e di modi di suonare nuovi e diversi rispetto alla precedente line-up. Realizzammo il secondo cd col titolo “Il pesce rosso, vestito alla Werther, mangiò l’uva il 1° dell’anno”, con grande soddisfazione, anche per averlo registrato nel nostro studio in digitale. L’album fu prodotto e pubblicato nel 2001 dalla Mellow Records ed ebbe un successo diversificato nel pubblico, acquisendo record di apprezzamento da parte di ascoltatori di più larghe vedute rispetto ai progster integralisti: l’intento era proprio quello, almeno per come intendo “Work in Progress”.

A&B - Sei ancora in contatto con il tuo collega, Piergiorgio Ambrosi?

Attilio Virgilio - Purtroppo abbiamo avuto poche occasioni di reincontrarci. Ne avrei grande piacere.

A&B - Perché i Montefeltro non uscirono mai sul lp, ma soltanto su cd? C'è la possibilità, con il ritorno in auge del vinile, di una edizione in vinile di quei lavori?

Attilio Virgilio - Non ci fu un perché. Uscimmo quando la Musea aveva appena intrapreso la produzione esclusiva su cd, cosa che a me piacque, forse mi mancava la copertina da lp. Ora che il vinile sta tornando in auge, vedo che lo si considera come una chicca, un prodotto di elite. Per quanto mi riguarda non avrei nulla in contrario ad una ri-stampa degli album Montefeltro in vinile, me lo chiedono in molti. Certamente io sarei d’accordo.

A&B - I Montefeltro hanno in cantiere un nuovo album?

Attilio Virgilio - Sì. Ci sto lavorando da tempo e sarà un doppio album. Ci sono già una parte dei brani composti e pre-arrangiati in continuo sviluppo. L’ispirazione è quella di incanalare le emozioni personali di vita nella musica. La scrittura ‘a tavolino’ di musica e testi non mi ha mai convinto, piuttosto credo che certe emozioni le possa produrre solo chi le ha vissute dentro. Rispetto ai tempi passati, ora suono tutti gli strumenti così posso sperimentare soluzioni grazie anche alla tecnologia. Mi diverte molto l’EWI, uno strumento a fiato digitale che nell’album troverà molti spazi. L’idea attuale è quella di un album doppio per dualità di ‘concept’, non necessariamente per questioni di durata.

A&B - Che ne è del prog e del new prog oggi?

Attilio Virgilio - Oggi mi pare che ci sia per entrambe le ‘classi’ una scissione in due specie: gli integralisti nostalgici e gli avventurosi. Assisto ad una fedeltà assoluta ai suoni ortodossi degli anni '70 (Mellotron, Moog, Hammond) e degli stili compositivi dalle lunghe suite e repentini cambi di tempo (rigorosamente dispari), mi vengono in mente soprattutto i Wobbler che ho visto a Roma e mi piacciono molto se visti nella evidente dichiarazione d’intenti filologica che io apprendo ascoltandoli.

A&B - Si, ero presente anche io a quel concerto e l'ho recensito QUI.

Attilio Virgilio - Circa gli altri, quelli che definisco avventurosi, mi viene in mente che il coraggio di farsi criticare dall’esigente pubblico sia un bonus nell’ottica di un contributo alla ‘ricerca’ che dovrebbe essere lo ‘statuto’ del Prog stesso.

A&B - Segui qualche gruppo odierno di prog o new prog, italiano o straniero?

Attilio Virgilio - Seguo con attenzione il panorama odierno, non distinguo tra prog e new prog, sto attento a cogliere qualcosa che mi suoni di ‘nuovo’ di volontà di originalità. Tra i gruppi emergenti italiani, mi sono piaciuti molto i live degli Ingranaggi della Valle. Degli stranieri, ascolto molto in questo periodo gli ultimi album degli Enid (quelli con Joe Payne alla voce) e apprezzo l’uso teorico-musicale-tecnico di band come Animals as Leaders. Delle recenti uscite discografiche mi intriga molto l’album dei Mono “Nowhere Now here” per la vena nostalgica che trovai in passato solo in certi Cocteau Twins.

A&B - I Genesis si riuniscono ancora una volta. Non molto entusiasti, noi abbiamo dedicato all'evento questo scritto: (leggibile qui). Vorrei una tua opinione.

Attilio Virgilio - Lo ritengo un saluto al pubblico, un modo di ringraziarlo per l’amore profuso in 50 anni e nell’occasione il modo migliore di risuonare un po’ di quello che i Genesis hanno fatto. Apprezzo il coraggio di Phil Collins. Sinceramente non mi viene di pensare a questioni di marketing o simili, solo un saluto al pubblico, con il pubblico e fatto al meglio che possono fare, oggi.

A&B - Ci sono gruppi storici che ormai si presentano sul palco con un solo membro storico: pensa ai Jethro Tull, PFM, Banco, Orme. Anche qui, il tuo pensiero.

Attilio Virgilio - Dipende dalla continuità e dai casi. Se penso alle Orme o al Banco, mi è difficile riconoscerli nelle formazioni attuali, avendo quelle ‘storiche’ solcato la memoria del pubblico con album capisaldi che, per il mercato discografico di oggi, sono irripetibili. Mi sembrano più cover band riformate da un fondatore. Un po’ diverso è lo scenario di band che si rimettono in gioco come ‘generazioni’. Penso, per l’estero, proprio agli amati ENID che nella loro storia si sono riproposti con re-incarnazioni in progetti solidi. Per il mio modo di pensare, in cui ci metto anche Montefeltro, ritengo più onesta la ricerca di fare un lavoro ‘nuovo’ rispetto al precedente con caratteristiche che seguono l’evolversi personale dei musicisti, dei contributi delle proprie vite quotidiane che si riflettono nelle composizioni musicali.

A&B  - Ultime parole ai lettori di - A&B –

Attilio Virgilio - Accolgo con piacere questa intervista per i lettori di - A&B - , dei quali anche io faccio parte, sperando di aver esaudito la curiosità di molti.

 

 


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