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Pierpaolo Capovilla (One Dimensional Man, Il Teatro Degli Orrori, Buñuel)

In occasione del concerto de Il Teatro Degli Orrori, tenutosi all’Alcatraz di Milano il 30 marzo 2016, abbiamo fatto una chiacchierata col frontman Pierpaolo Capovilla.
Cantante e bassista fonda nel 1996 gli "One Dimensional Man", band di matrice indie, noise rock, con cui pubblica cinque album. 
Nel 2005 dà vita a Il "Teatro Degli Orrori", il gruppo alternative rock che, due anni più tardi, esordisce con l’album “Dell’impero delle tenebre” a cui seguiranno i successivi “A sangue freddo” (2009) “Il mondo nuovo” (2011) e l’omonimo “Il teatro degli orrori” (2015), qui da noi recensito.
Ha pubblicato nel 2014 l’album solista “Obtorto collo”, mentre è recente la realizzazione del progetto Buñuel con l’album “A Resting Place For Strangers” (qui la nostra recensione) di cui fanno parte Eugene Robinson (Oxbow) Xabier Iriondo (Afterhours) e Franz Valente (Il Teatro Degli Orrori).
Il cantautore lombardo, ma veneto di adozione, non è solo un musicista, è anche un appassionato di letteratura e poesia; nel 2011 intraprende un tour teatrale in cui legge i testi del poeta Vladimir Majakovskij e due anni dopo è impegnato in un reading di Pier Paolo Pasolini intitolato “La religione del mio tempo”.
Pierpaolo Capovilla è un uomo carismatico, attento ai problemi che affliggono il nostro paese, in questa intervista ci parla del nuovo album e delle tematiche contenute al suo interno, di politica, attualità e cultura.

Pierpaolo Capovilla
One Dimensional Man
Il Teatro Degli Orrori
Buñuel

Discografia:

One Dimensional Man

-1997- One Dimensional Man
-2000- 1000 Doses of Love
-2001- You Kill Me
-2004- Take Me Away
-2010- The Box
-2011- A Better Man

Il Teatro Degli Orrori

-2007- Dell'impero delle tenebre
-2009- A sangue freddo
-2012- Il mondo nuovo
-2015- Il teatro degli orrori

Buñuel

-2016- A Resting Place For Strangers

Solista

-2014- Obtorto Collo

- A&B -
Ciao Pierpaolo, grazie per la tua disponibilità. Inizierei parlando del nuovo album "Il Teatro Degli Orrori" che rispetto al precedente “Il Mondo Nuovo” mi è sembrato molto più diretto, esplicito, sorretto da un sound che ritorna alle origini, molto rock, forse meno poetico. Concordi?
- Pierpaolo Capovilla -
Beh è un disco più diretto sia dal punto di vista degli arrangiamenti che dal punto di vista narrativo, è un disco decisamente più cattivo, più rabbioso, dico io “virulento”, quasi a sottolineare la bruttezza e la brutalità dei tempi in cui stiamo vivendo. Peraltro la cronaca sembra quasi inseguire il pensiero de Il Teatro Degli Orrori, semplicemente perché forse noi siamo più attenti a quello che ci succede intorno, siamo meno indifferenti rispetto a tanti altri artisti che ci circondano.
Non direi che è meno poetico, anzi è uno dei lavori di cui posso andar fiero e per me, disco per disco, è sempre un processo di stratificazione delle conoscenze e delle capacità che hai di descriverle, secondo me sono migliorato (sorride).
La poesia è esattamente ciò a cui io aspiro, ovviamente poeta non sono, la poesia è una cosa seria, la poesia vuol dire ricerca. Io non è che faccio ricerca del rapporto tra il significante e il significato, spesso lancio i dadi delle parole per vedere cosa succede, rapino i grandi poeti del ‘900 che conosco, che mi piacciono e poi mi sorprendo nel vedere come, ricontestualizzando attraverso manipolazioni oscene, riconosco dei significati che fioriscono da soli, che mi sorprendono e mi commuovono, sono quindi un giocatore d’azzardo della parola non un poeta. Però la mia aspirazione è quella di dire la verità, è l’aspirazione dei veri poeti, la poesia dice la verità ed è per questo che è così invisa dal potere.
Pier Paolo Pasolini l’hanno ammazzato, non perché era un poeta, ma forse perché era un grande polemista politico e forse perché aveva compreso grandi cose del capitalismo criminale italiano, però indubbiamente con la sua poesia seppe sbattere in faccia all’Italia e agli italiani e alle italiane la verità del proprio paese. “Italia sprofonda nel tuo bel mare libera il mondo”, Pasolini subì processi per i suoi versi.

- A&B -
Ogni brano affronta un tema diverso, questo fa sì che l’album sia ricco di argomenti e spunti su cui riflettere. Le dodici tracce hanno un filo conduttore che le accomuna: la rabbia. Quindi la rabbia potrebbe essere il modo più diretto per arrivare al pubblico?
- Pierpaolo Capovilla -
C’è tanta ironia nel disco, oltre, naturalmente, a tanta rabbia. Ma come fai a non essere incazzato in questo momento storico? Però è una rabbia per niente nichilista propositiva semmai.
Io ciò che bramo, desidero, è quello di riuscire a suonare le corde del cuore di chi ci ascolta, chiunque esso sia, quindi arrivare al pubblico in quel senso lì. Mai e poi mai vorrei arrivare al pubblico per accondiscenderne i desideri sociali che, il più delle volte, vengono indotti da un consumo smodato e compulsivo dei media.
Noi siamo degli artisti, siamo partecipi ad un progetto che consideriamo arte nel pieno senso della parola.

- A&B -
Ammiro il vostro modo di approcciarvi al pubblico, di non aver paura di affrontare argomenti scomodi e che spesso rimangono nell’ombra. Questa rabbia è una prerogativa dei gruppi underground? Perché in Italia i grandi artisti non si espongono?
- Pierpaolo Capovilla -
Quali grandi artisti italiani? Non sono dei grandi artisti, sono uomini e donne che sono diventati famosi, forse definiti tali dai critici, che critici non sono, ma casomai dei “criticoni” ovvero gente che non ha i mezzi culturali per esprimersi con la propria moglie, figuriamoci per capire un disco de Il Teatro Degli Orrori.
Mi spiego: non ci sono grandi artisti nel mainstream, se non pochissimi che comunque non alterano l’equilibrio sostanziale in cui versa in questo momento la musica leggera italiana che naviga in un perfetto NULLA.

- A&B -
Parliamo di alcune tematiche presenti nell’album. In “Disinteressati e indifferenti” si parla dell'uso di cocaina nel mondo giovanile. Pasolini, nel 1975, scrisse un articolo sul Corriere della sera in cui diceva: “La droga è un surrogato della cultura./ La droga viene a riempire un vuoto causato dal desiderio di morte e che è dunque un vuoto di cultura” Cosa ne pensi?
- Pierpaolo Capovilla -
Vedi, Pasolini anche in questo frangente ha saputo essere efficace nella sua analisi. È vero che riempie il vuoto che è causato dal desiderio di morte e lo riempie indirizzando le nostre vite, dico io, verso l’altra pulsione che è quella che ci porta ad interpretare la vita attraverso il principio, che è cruciale ma non definitivo, del piacere. Tutti noi vogliamo godere, godere e basta, ma nella vita non si può solo godere, bisogna anche soffrire.

- A&B -
A proposito di cultura, la musica e la poesia sono due elementi nobili che in passato hanno caratterizzato il nostro paese. Perché stanno sparendo dagli scaffali dei negozi? La colpa è anche di internet?
- Pierpaolo Capovilla -
Amazon e tutti i grandi distributori di musica del mondo come Spotify ed Apple Music sono i veri killer della musica in questo momento. Hanno completamente distrutto il mercato discografico e, si noti bene, senza pagare gli artisti. Io non sono contrario al downloading selvaggio, quello peer-to-peer come Torrent, perchè sono conquistato dall’idea che se uno non ha i soldi ma vuole nutrirsi di cultura, di cinema, di musica o di letteratura, può farlo scaricando i file dalla rete. Quando invece la rete diventa uno strumento in mano a due o tre soggetti economici che si approfittano del diritto d’autore di tutti quanti noi artisti, facendo miliardi sulle nostre spalle, questo lo trovo francamente osceno.
La poesia del resto è desueta, è stata dimenticata, obliata. Siamo “un popolo di poeti, di artisti, di eroi…” non è che una massima. Siamo, in realtà, un popolo che ha perso la memoria della propria identità, un po’ come Atene quando ai tempi decadde e dimenticò sé stessa.
Io vengo da Venezia, una città che sta perdendo l’anima, l’identità. Nell’ultimo bellissimo libro di Salvatore Settis “Se Venezia Muore” la cosa viene narrata in maniera chiara, amorevole, drammatica, e Venezia non é che lo specchio di tutto il paese.
D’altronde noi oggi viviamo in uno stato di cose in cui persino un ceto politico che dovrebbe essere responsabile dell’avvenire del paese ci racconta che il ‘900 è preistoria perché non c’erano i cellulari, ci raccontano queste stupidaggini dal mattino alla sera confondendo la parola sviluppo con la parola progresso, che non sono la stessa cosa. Pasolini lo diceva con grande chiarezza e oggi c’è un PD che non è né più né meno che la continuazione della politica intrapresa da Forza Italia 25 anni fa. Le nuove generazioni non sanno chi era Pasolini o Berlinguer e in questo oblio c’è la manipolazione delle coscienze e l’esercizio del mantenimento accanito del potere lobbistico nella politica italiana. Noi siamo in mano alle lobby e alla criminalità organizzata, che è una lobby anch’essa e molto potente.

- A&B -
Oggi (30 marzo 2016) è scomparso Gianmaria Testa, cantautore che nel 2006 pubblicò “Da questa parte del mare”: un concept album interamente dedicato al tema delle migrazioni moderne. Tema attualissimo. Come mai nonostante dopo tutti questi anni vediamo ancora il migrante come straniero?
- Pierpaolo Capovilla -
Non sapevo fosse malato, è stata una triste notizia.
Il fatto è che noi abbiamo paura dei poveri. Perché il povero chiede e, se non gli dai niente, pretende e, se non riesce a pretendere, passa ai fatti perché se hai fame devi passare ai fatti. Noi abbiamo paura dei poveri, degli ultimi, degli stigmatizzati, degli esclusi, abbiamo paura di loro perché siamo diventati egoisti ed individualisti come non mai. È quel processo di oblio dei valori della resistenza e di condivisione dei disvalori del neo capitalismo, del consumismo più sfrenato, dell’arrampicamento sociale e della corruzione di cui parlava lo stesso Pasolini ne “La religione del mio tempo” del 1958. Un processo che ha fatto passi giganteschi nei decenni fino ad irrompere nella nostra quotidianità ed ora ci ritroviamo un popolo di razzisti.
Abbiamo paura della miseria altrui e non abbiamo il coraggio di aiutare il prossimo. Che schifo che facciamo. Con la paura ci si perde il meglio della vita.

- A&B -
Alla luce dei recenti attentati terroristici in Europa è quanto mai attuale il tema delle responsabilità. Il Belgio è stato uno dei principali paesi che ha colonizzato l’Africa, il Congo nello specifico. Credi che le colpe dell’occidente siano da attribuire proprio al maltrattamento di questo continente?
- Pierpaolo Capovilla -
Sin dall’inizio della tournée noi cominciamo il nostro concerto con un discorso in francese di Thomas Sankara: “Le discours sur la dette” (il discorso sul debito). Come sottofondo abbiamo inserito la musica composta da Jonny Greenwood dei Radiohead, che fa parte della colonna sonora de “Il petroliere” (Prospector’s Quartet). Prima di salire sul palco ascolto questa cosa e mi viene da piangere ogni volta. Thomas Sankara fu chiarissimo: il debito non è che l’ulteriore prevaricazione del colonialismo divenuto neocolonialismo attraverso il giogo bancario che stringe le mani sul collo dei paesi più poveri del mondo. Lui invitò il Congresso Panafricano a non pagare il debito e che in mancanza del sostegno di tutti i paesi africani di fronte alla sua proposta sarebbe stato il suo ultimo discorso alla conferenza. Sankara fu ucciso qualche settimana dopo.
Il debito è quindi una forma di neocolonialismo tesa a sfruttare ulteriormente, vita natural durante il continente africano. È evidente.

- A&B -
“Una Donna” è una canzone forte e toccante che parla di guerra e di profughi ma anche di egoismo nei confronti di queste persone che fuggono dalla morte. Basterebbe, a volte, soffermarsi sui loro sguardi, sui loro occhi per superare il muro dei pregiudizi. Cosa ci distrae di più? E quante colpe ha l’informazione televisiva in tutto questo?
- Pierpaolo Capovilla -
Tutti i media hanno una colpa enorme nel narrare le circostanze storiche in cui viviamo perché la loro è una narrazione menzoniera: non ci stanno dicendo le cose come stanno, ce le stanno dicendo come piace farcele sapere. Quindi è chiaro che la loro è una responsabilità gravissima che riguarda il pianeta intero.
Per esempio Donald Trump per quanti soldi abbia messo in campagna elettorale, in realtà, è esploso come fenomeno mediatico e le televisioni americane hanno fatto a gara per averlo nei loro studi perché faceva audience. E così ci ritroviamo con la più grande potenza economica militare del mondo che rischia di finire nelle mani di un cretino. Ne parlavo con Eugene Robinson degli Oxbow e lui mi disse che un eventuale elezione di Donald Trump come presidente non avrebbe sortito le stesse conseguenze negative dei precedenti mandati della famiglia Bush.
Non c’è dubbio che i Bush con i loro interessi nel campo petrolifero abbiano influito nello scoppio della guerra in Iraq e anche il crollo delle torri gemelle. Come dice quel raffinatissimo intellettuale, ex ufficiale della marina statunitense, Kenneth O’Keefe: “le torri gemelle rappresentano indubbiamente il più grande insulto all’intelligenza umana mai perpetrato nella modernità”.

- A&B -
In “Benzodiazepina” denunciate il business degli psicofarmaci, mentre in “Slint” affrontate il tema scottante della contenzione meccanica. Va sottolineato infatti che Il Teatro Degli Orrori sostiene la Campagna contro questa pratica promossa dal Forum Salute Mentale. Quanto è importante ridare dignità a queste persone e smascherare questi abusi “illegali” delle istituzioni?
- Pierpaolo Capovilla -
E’ cruciale, questa è politica. Politica non vuol dire andare a votare ogni tanto, ma individuare temi e problemi cercando di risolverli, da semplici cittadini dare il proprio contributo.
Io in questo ci credo, e non mi sentirei pari alle mie ambizioni se non spendessi la mia figura pubblica su questi temi. Sono venuto a conoscenza del trattamento sanitario obbligatorio (TSO) e della contenzione meccanica che non si attua soltanto nei casi di TSO. È un trattamento diventato epidemico: lo si fa con gli anziani in alcune case di cure e anche con i bambini disabili. L’abolizione della contenzione meccanica è un primo fondamentale passo per una riflessione divenuta ineludibile e non procrastinabile del rapporto fra psichiatria e società nel nostro paese. Il testo di Benzodiazepina non è altro che il bugiardino del farmaco: la prima strofa sono le indicazioni, la seconda sono gli effetti collaterali.
C’è scritto quanto è pericolosa questa sostanza che provoca dipendenza fisica; è una droga potente e perigliosa, insidiosa. Gli psichiatri non sanno quale sia il funzionamento di questo farmaco nel cervello di una persona, lo ipotizzano, nient’altro. La psichiatria non possiede una eziologia, non conosce le cause della malattia ma possiede soltanto una nosologia, cioè una classificazione dei disturbi psichici elencata nel DSM 5, ovvero un manuale dei disturbi psichiatrici scritto dalle multinazionali statunitensi del farmaco. La benzodiazepina è uno dei farmaci più venduti al mondo, è un business spettacolare.
La nostra piccola battaglia, ma grande in campo democratico, è quella di abolire la contenzione meccanica che non è un esercizio di pratica medica intesa a preservare la salute del paziente ma che spesso somiglia ad un vero e proprio rapimento.
La democrazia è una cosa seria, e ciò che c’è di serio nella democrazia è la sua qualità. Non possiamo non guardare in faccia al problema.

- A&B -
Parlando del tuo recente progetto musicale coi Buñuel, sei soddisfatto? Avrà un seguito?
- Pierpaolo Capovilla -
Sì, noi ci auguriamo di pubblicare un disco nuovo prima della fine dell’anno, e di distribuirlo anche negli Stati Uniti insieme ad “A Resting Place For Strangers". Per ora io e Franz abbiamo i nostri impegni con Il Teatro Degli Orrori, mentre Eugene Robinson e Xabier Iriondo promuoveranno le proprie uscite discografiche rispettivamente con gli Oxbow e Afterhours. L’anno prossimo poi suoneremo in Europa e forse negli Stati Uniti e in Giappone. Il primo tour con i Buñuel è stata un’esperienza avvincente, mi sono divertito come un matto!

- A&B -
Pierpaolo, una promessa per il futuro de Il Teatro degli Orrori.
- Pierpaolo Capovilla -
Tranquilli, persevereremo nell’errore, anzi nell’orrore!

 


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