Vittorio Nocenzi e Francesco Di Giacomo
Banco Del Mutuo Soccorso

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Il Banco del Mutuo Soccorso è uno dei più celebri gruppi progressive che il nostro Paese conosca ed è entrato di diritto nel patrimonio musicale collettivo. Dopo il concerto tenutosi a Pescara lo scorso 18 agosto, abbiamo avuto modo di rivolgere alcune rapide domande a Vittorio Nocenzi e Francesco Di Giacomo. Ci saremmo voluti intrattenere di più, ma gli ovvi motivi di stanchezza dei due fondatori del BMS, il legittimo assedio dei fan che volevano scattare alcune foto con i loro eroi e un certo timore reverenziale per artisti di tale cabotaggio da parte del sottoscritto, hanno limitato il margine ed il tempo di azione. C'è, tuttavia, da sottolineare la loro più che apprezzabile disponibiltà malgrado le condizioni avverse. Buona lettura!

Foto di: Gianluca Scerni

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- A&B -
Vi siete sentiti in qualche maniera anticipatori di "sonorità" attuali?
- Vittorio Nocenzi - Io credo che questo genere di rock che chiamano progressive, sia stato sicuramente quando è nato un esperimento d’avanguardia, perchè la musica è come qualunque cosa, va messa nel contesto in cui nasce. Se poi noi pensiamo ad esempio a Caravaggio come un classico, quando Caravaggio ha dipinto i propri quadri era una rivoluzione incredibile. Lui ha pensato alla luce elettrica, ai tagli teatrali di nero e bianco quattrocento anni prima che Edison scoprisse la lampadina. Se lo vediamo oggi come un classico, allora era avanguardia, un’innovatore. Il Banco oggi è un classico, siamo stati però sicuramente avanguardia, profonda avanguardia, perchè nel tempo in cui abbiamo cominciato a fare musica c’erano le canzonette "Fatti Mandare dalla Mamma", Gianni Morandi eccetera, quindi questa era proprio tutta un’altra storia. Chiaramente, questo ci ha reso la vita difficile per certi versi, ma ci ha dato respiro lungo per altri, quindi siamo stati fortunati. Oggi abbiamo ancora il privilegio di avere tanti giovani che vengono ai concerti, qualche cosa significa. Speriamo che significhi, appunto, la ricerca di diversità dal luogo comune, dall’ovvietà, da questa noia e banalità. Da questa colonna sonora di rumori che si spaccia per musica.

- A&B -
Il degrado sociale e soprattutto politico e culturale che si sta registrando in questi ultimi anni secondo voi sta portando inevitabilmente ad un’involuzione anche nell’ambito musicale ?
- Vittorio Nocenzi - Che vogliamo fare? Da dove cominciamo? Poi ci mettiamo comodi e finiamo domani mattina. Io non vorrei essere equivocato, c’è tanta grande musica, anche oggi. Per certi versi anche di più, perchè nel frattempo la cultura musicale si è divulgata, è andata avanti, ci sono scuole di musica, ci sono strumenti e c’è documentazione. Quando abbiamo iniziato noi non c’era nulla. Quindi i talenti ci sono, quello che non c’è è lo spazio che i media e che l’industria lascia ai talenti. Si chiede alla musica di essere una voce nel coro, come alla poesia, come al teatro e al cinema e di disturbare poco per fare girare soltanto i soldi. Loro fanno parte di un’altra visione delle cose.

- A&B -
Sempre rimanendo nel discorso, la massiccia diffusione d'Internet, favorisce i nuovi talenti che non riescono a produrre la propria musica a causa del potere delle case discografiche?
- Vittorio Nocenzi - Internet è una cosa fantastica, direi che posso fare un esempio per la mia generazione. Quando sono nate le radio libere, fu una rivoluzione incredibile, c’era soltanto la RAI e non trasmetteva mai questo tipo di musica. Era una noia mortale, una cosa terribile, "Finché La Barca Va" Orietta Berti eccetera. Mi ricordo la prima volta che proponemmo un video per l’unica trasmissione televisiva che faceva la RAI, era "Cento Mani e Cento Occhi che abbiamo anche riproposto questa sera, ed è un pezzo di Darwin! che parla della conflittualità tra l'individuo e la collettività. C’è il vantaggio di far parte del branco e lo svantaggio di sentirsi limitati nei propri spazi mentali e probabilmente abbiamo progettato il primo storyboard del primo videoclip italiano. Ad un certo punto avevamo pensato a dei quarti di bue che passavano sul carrello, oggi è quasi un immagine da educande, da prima comunione. Allora ci fu bocciato perché ci risposero “La musica deve intrattenere ed è un’immagine troppo cruenta”, questo era il contesto insomma. Le radio libere all’epoca ci avevano dato una grande opportunità potevi suonare tre ore e fare musica diversa. Quindi tutte le radio facevano a gara per proporre musica nuova, quindi circolava la diversità e l’innovazione. L’equivalente oggi è Internet. Internet è un vantaggio fantastico, è un’opportunità finchè non ce la imbriglieranno e lì abbiamo chiuso. Ma finché Internet può dare libertà di espressione è fantastico!. Però è anche un grande limite l’uso che se ne fa. Ed ho detto tutto. E’ l’uomo che inquina e contamina, non è mai lo strumento.


- A&B - Avete suonato in tutto il mondo persino in Giappone, in base alla vostra esperienza c’è effettivamente un entusiasmo ed un attenzione molto più massiccia del pubblico orientale, al rock e alla musica d’avanguardia rispetto a quello europeo e secondo te perchè?
- Vittorio Nocenzi - La realtà è che il Prog ha una presenza a macchia di leopardo, però è disseminato in tutto il mondo. Abbiamo fatto molti concerti all’estero, negli Stati Uniti quindi Pennsylvania, New York, Los Angeles poi Rio De Janeiro, Panama, Città del Messico: bellissimo. In estremo oriente Tokyo, Osaka, in Giappone tre o quattro volte ci siamo stati. Mettiamo intanto in chiaro una cosa, il Giappone non è più Oriente, è un Occidente un po’ più esotico. Perché l’Occidente è un’area culturale, sono degli schemi, dei chiaroscuri di valori e di vita. Quindi il Giappone è Occidente, sono come gli Americani e gli Europei ormai. Non c’è una grande distizione, questo è il vantaggio della globalizzazione a colori.

- A&B -
Nell’immediato futuro avete in mente di lavorare su nuovi progetti, anche di tipo personale?
- Vittorio Nocenzi - Uscirà un mio libro a settembre/ottobre, nel frattempo sto facendo anche dei concerti con Estremo Occidente, il mio disco per pianoforte, tornerò poi in Africa a per sostenere i progetti sanitari del Prof. Morrone in Etiopia, questo personalmente. Con il Banco, faremo questo inverno probabilmente alcuni concerti in teatro e l’anno prossimo uscirà il primo ed unico libro sul BMS per i quarant’anni. Sarà il primo libro che abbiamo accettato di far uscire, con un DVD che raccoglierà un po’ tutta una serie di documenti di questo “breve” periodo.

Abbiamo poi rivolto rapidamente alcune domande a Francesco Di Giacomo

- A&B - La vostra musica trae anche vigore dai testi colti ed impegnati, quali sono stati i tuoi riferimenti letterari che ti hanno ispirato nella composizione?
- Francesco Di Giacomo - Ma sai, la scrittura nasce dalla confusione che ti sei creato leggendo le cose e quindi tu pensi di essere autonomo quando scrivi le cose ma non è mai vero. Si nasce infetti e si muore in qualche maniera.

- A&B -
Sapresti indicare un fatto politico, sociale o musicale che ha segnato particolarmente la tua memoria o influenzato profondamente l’attività artistica?
- Francesco Di Giacomo - Secondo me la restaurazione della Controriforma. E' quando c’è stata la Controriforma in Italia, che è finita la vita. Quando il Papa ha ripreso il potere, è finito tutto. Non c’è niente di più tumorale per l’intelligenza che la Chiesa Cattolica.




- A&B - C'è stato qualcosa di davvero insopportabile o che avevate difficoltà ad accettare negli anni in cui avete conosciuto il più grande consenso musicale?
- Francesco Di Giacomo - Abbiamo accettato tante cose, ma di insopportabile non abbiamo accettato niente. Proprio perché se insopportabile non è accettabile.

- A&B -
Nei primi anni della vostra carriera avete riscontrato una certa difficoltà nel proporre la vostra musica in radio ed in televisione?
- Francesco Di Giacomo - No, non abbiamo mai avuto sinceramente questo tipo di difficoltà, però poi c’è sempre il problema radiofonico di fare un taglio al pezzo a tre, quattro minuti. Noi non li abbiamo mai tagliati, ma abbiamo sempre cercato di sfumarli, non ha senso no?

- A&B -
Il Progressive secondo te è ormai un epoca irripetibile oppure ci sono gruppi anche italiani che sono riusciti a portare avanti il discorso chiaramente in linea con l’evoluzione musicale dei tempi?
- Francesco Di Giacomo - Ci sono gruppi come i Porcupine Tree, i Dream Theater... Il punto è questo, che non bisogna fermarsi, va capito che la musica quando è tale è un’evoluzione, non un cliché, allora se è un cliché è un altro discorso. Se è un cliché può diventare…non vorrei essere frainteso: ad esempio io amo molto Vasco Rossi, però c’è anche un peggio di Vasco Rossi, il cliché è il peggio di Vasco, il cliché è il peggio di Ligabue. Il cliché è quando ci sono le ripetizioni, le clonazioni di te stesso, quelle sono orribili!

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