Tosca
Arena di Verona, 18 Agosto 2012

Quando si dice: “….la Tosca è pur sempre la Tosca…

Alla prima della quarta ripresa dell’edizione del 2006 di Tosca, ultima opera della stagione areniana, il regista de Ana ha il merito di aver saputo sfruttare con efficacia l'enorme spazio dell'anfiteatro.
E la storia si dipana catapultando il pubblico in una Roma livida, decadente, in una parola: pre-Vaticanleaks…

Iniziata con la commossa solidarietà per le popolazioni emiliane colpite dal recente terremoto (migliaia gli spettatori invitati) a cui è stato dedicato un minuto di silenzio, seguito dall’Inno di Mameli e ala dell'Arena dipinta dalle luci in tricolore, la serata parte sotto i migliori auspici, non ultimo il leggero e godibile zefiro che accarezzava l’accaldato e numeroso pubblico.
Sin dalla scena del primo atto, dove Scarpia ordina ai suoi sgherri di seguire Tosca, si ha la sensazione che l’immaginario fumo dolciastro degli incensi si posi come un sudario di morte sopra ogni cosa.
Funerea, fosca, sognante.Grandiosa ancorché essenziale. Di sicuro e d’immediato impatto, capace di ridurre l'immenso spazio dell'Arena a un groviglio di violente dinamiche tra i personaggi.
Pur assolvendo in pieno l’esigenza di “grandioso” che implicitamente tale contesto richiede, e che spesso viene dimenticato sia da chi fa i cartelloni che da chi è chiamato a realizzarne i titoli, l’allestimento non perde mai né il tono né la funzione di sostegno all’azione scenico-musicale a cui è chiamata. Fra le prove del regista Hugo de Ana nell'anfiteatro di Verona, in un arco ormai più che decennale che parte da Verdi (Nabucco, Traviata) passando per Puccini e per Rossini, Tosca (nata nel 2006, quest'anno alla quarta ripresa) è sicuramente la più convincente in termini di densità melodrammatica.
Il fascino di quest’opera è certamente ascrivibile all’eterna tematica bene-male dove la nobiltà degli ideali e la purezza dei sentimenti se la devono vedere con il lato oscuro della “foia bigotta libertina” e della brama di potere che da sempre flagellano la società (non si può fare a meno di notare come esse siano estremamente attuali e trasponibili in altri momenti storici, come nel caso dell’allestimento del 1986 a Firenze che spostò l’azione dal tempo originale alla Roma occupata dai nazifascisti  nella primavera del 1944 dove Scarpia era il capo dell’O.V.R.A. e Cavaradossi un intellettuale della Resistenza o, volendo, anche ai giorni nostri… )
Il dramma si dipana lungo percorsi di estrema violenza psicologica prima ancora che reale: ambigua, squallida e crudele per arrivare alla catarsi del nulla dove, tra le navate di una chiesa, le sale di un palazzo nobiliare e i contrafforti di una fortezza si consuma la follia distruttiva ed autodistruttiva di shakespeariana memoria.
Apparentemente condizionate dagli eventi della storia “esterna”, che pure riserva “lampi” che possono rovesciare il potere costituito; in verità risalente a istanze di morte molto più profonde ed insite nei personaggi.
Il tutto a rendere auree le unità di tempo, luogo ed azione di questo melodramma, rendendolo esemplare ispirando la versione di Hugo de Ana che offre una cronaca di grande efficacia, plasmando a modo suo l'immenso spazio areniano, senza timori reverenziali. La scena appare cinta da un’alta muraglia, dove, tra le paratie, si scorgono la cella di una prigione e prelati bardati di lussuosi paramenti dal volto mummificato.
In tutto lo svolgimento del dramma è sempre ben presente l’intenzione del regista di rimarcare il legame stretto che da sempre intercorre fra potere e religione tanto da far fucilare il Cavaradossi appeso ad un crocefisso…
In primo piano, colossale, grava la testa dell’Angelo del Castello romano il cui braccio sinistro impugna la spada e quello destro il fodero. All’inizio, gran parte degli essenziali elementi scenici sono velati da drappi scuri che rimarcano, qualora ce ne fosse ancora bisogno, la incombente tragicità degli eventi, sempre più concitati e resi convincenti dall’azione scenica di tutti i personaggi coinvolti. Eccellenti i costumi, che strizzano l’occhio allo stile Primo Impero in salsa amatriciana dei primi del XIX secolo.



Si deve purtroppo costatare che la probabile mancanza di tempo nel riallestire questa ripresa, come sempre più frequentemente accade per i noti motivi di “ottimizzazione”, ha penalizzato non poco la riuscita dello spettacolo.
In particolare l'unica scena di massa, quella del Te Deum preceduto dalla gazzarra dei chierichetti a Sant'Andrea della Valle, ha mostrato tutti i limiti di una cattiva “metabolizzazione” in fase di prova.
Anche musicalmente non pochi sono stati i problemi di messa a punto, soprattutto nei casi di musica «esterna». Campane e organo fuori scena sono risultati sfasati, con volumi inadeguati e talmente alti da coprire le voci dei cantanti, sia a fine primo atto che all'inizio del secondo, compromettendo la resa complessiva. A tal proposito ci si chiede come si possa da un lato essere intransigenti col fatto che i cantanti non possano venir amplificati, seppur leggermente (la tecnologia ha ormai la possibilità di rendere disponibili dispositivi che rispettano fedelmente la voce, col vantaggio di impedire che alcuni temerari si immolino, rovinandosi per sempre, in nome di una potenza inficiata da diapason altissimi che gli strumenti a fiato, a causa del caldo, man mano acquisiscono trascinando di conseguenza anche gli archi verso frequenze everestiane…) e si tollerino suoni di organo che nemmeno i più scalcagnati gruppi amatoriali usano più!
Sul podio è salito Marco Armiliato, che ha ben diretto, all'inizio anche con tempi molto «dilatati», evitando impeti veristici ed eccessi lirico- passionali. Una Tosca prudente, alla ricerca di una unità di intenti con i cantanti e di una precisione non facile da raggiungere all'aperto. Doppio debutto areniano nei ruolo di Tosca e Cavaradossi. Ottimo il soprano Martina Serafin, che ha calibrato la parte con freschezza, avvincendo l’ascoltatore attento, porgendo vocalità morbida e controllata. Pregevole l’efficace impronta lirico-drammatica, senza rinunciare, anzi, ad indugiare nella sentimentalità del personaggio; nel drammatico, qualche tensione di troppo ha leggermente appiattito gli acuti.

Il tenore lettone Aleksandrs Antonenko, evidentemente dotato da madre Natura, si è macchiato di un canto muscolare, ignorando d’ufficio dettagli irrinunciabili che, con le doti suddette, diventa aggravante inappellabile.
Diviso tra il «forte» e il «fortissimo», dallo squillo strabiliante, certo, ma non appassionato, tantomeno appassionante, incapace di accedere nella parola con forza introspettiva, per non parlare di un vibrato di default, a dir poco imbarazzante nella sua invariata omologazione, dall’inizio alla fine dell’opera. Il suo “E lucevan le stelle”, applauditissimo fino al bis di prammatica, ha mostrato solo la sua malcelata vanità nello sciorinare una potenza indubbia ma che non fa di lui certamente un musicista fine. Lo Scarpia di Alberto Mastromarino, è stato penalizzato certamente dalle campane e dall’organo nei momenti in cui doveva far sfoggio di tutte le armi in suo possesso: è un grande cantante che non ha certamente passato una delle sue migliori serate… Fra i comprimari, bene il nervoso sagrestano di Marco Camastra, molto meno l’Angelotti di Alessandro Guerzoni; discreti gli sbirri Saverio Fiore (Spoletta) e Dario Giorgelè (Sciarrone). Coro: bene in scena, non fuori. I convinti applausi hanno concluso la serata dopo aver fatto registrare molti consensi anche a scena aperta.
Quattro le repliche, in calendario il 22, 25 e 29 agosto e l'1 settembre.

 

Melodramma in 3 atti di
Giacomo Puccini

Libretto di
Giuseppe Giacosa Luigi Illica

Direttore:
Marco Armiliato
Regia, scene, costumi e luci: Hugo De Ana
Direttore voci bianche: Marco Tonini
Coro voci bianche:  A. d'A.Mus.

Personaggi e interpreti

Floria Tosca: Martina Serafin
Mario Cavaradossi: Aleksandrs Antonenko
Il barone Scarpia: Alberto Mastromarino
Cesare Angelotti: Alessandro Guerzoni
Il Sagrestano: Marco Camastra
Spoletta: Carlo Bosi
Sciarrone: Dario Giorgelè
Un Carceriere: Armando Caforio
Un pastorello: Alberto Testa

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