Circus
Il Volo Del Cavallo Alato

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Circus

Il Volo Del Cavallo Alato


di Gianluca Livi



Articolo pubblicato sul N° 26 (94/95) Giu/Lug 2006 di Musikbox (rivista di cultura musicale e guida ragionata al collezionismo), per gentile concessione dell'autore.

“Circus” è una sigla che non è appannaggio esclusivo della scena progressiva inglese, ma appartiene anche alla tradizione musicale svizzera, essendo stata adottata nel 1972 anche da un gruppo di raro spessore, originario di Basilea. Oggi abbastanza sconosciuto, rappresenta una delle gemme del circuito progressivo, sia per il valore collezionistico della sua discografia, recentemente salito alle stelle, sia per il discorso musicale proposto, molto personale e non propenso a facili accostamenti. L’organico della band era composto da 4 elementi: Fritz Hauser alla batteria, Marco Cerletti al basso e alla chitarra acustica, Andreas Grieder al sax e al flauto, Roland Frei alla voce, alla chitarra acustica e al sax. Hauser era (ed è tuttora, sebbene nel circuito jazz) uno dei migliori percussionisti della scena tedesca mentre Cerletti, l’unico non tedesco del gruppo, si evidenziava certamente come un chitarrista acustico eccellente. Gli altri due si alternavano egregiamente fra voci e strumenti a fiato, proposti sempre in una veste inusuale a mai di mero accompagnamento. Fino al 1976, anno in cui esce il primo lavoro su vinile, il gruppo cercò di definire il suo stile, un prog rock complesso con spunti jazzistici e puntate classiche, proposto con una strumentazione unica caratterizzata dall’assenza totale di tastiere e dalla prevalenza delle chitarre acustiche su quelle elettriche, quasi del tutto inesistenti. Una scelta di strumentazione che verrà confermata anche sui primi due album. Il cantato in inglese, infine, era comprensibilmente legato alla speranza di rendere più appetibile il prodotto musicale offerto. Nel complesso, comunque, il suono appariva indubbiamente influenzato dalla scena progressiva inglese dei fine ‘60 e inizio ‘70, con rari riferimenti a Jethro Tull e King Crimson e più marcati richiami ai Van Der Graaf Generator principalmente, per il modo di suonare il sax. In questi 4 anni, inoltre, i Circus si dedicarono ad una intensa attività dal vivo i cui frutti positivi – in termini di coesione di gruppo e di suono nel suo insieme – si noteranno già nel primo album, l’omonimo “Circus”. Uscito nel 1976, è un album certamente non facile, caratterizzato da uno stile già personale, sebbene non pienamente definito, prevalentemente etereo e soffuso grazie ad un uso calibrato del flauto. Un debutto molto promettente, benché non rivelasse completamente il potenziale del gruppo, penalizzato anche dalla scelta di non pubblicare molti dei brani composti nei 4 anni precedenti e riproposti nella pregressa attività live. In particolare, venne tralasciata una splendida suite dal titolo “Winter Ghosts”, a tutt’oggi ancora inedita. Il discorso muta con l’album successivo, “Movin’on”, di appena un anno dopo. La band centrò l’obiettivo con un’opera magistrale in cui venivano perfettamente fusi tutti gli stilemi del rock progressivo, con punte di jazz rock e, molto sporadicamente, di avanguardia. Il brano che dava il titolo all’album – una lunga ed inclassificabile suite di più di 22 minuti posizionata in chiusura (un vezzo, quello delle suite a fine album, comune a tutti i lavori dei Circus) – era la perfetta testimonianza di tale indirizzo musicale che citava, in maniera mai invasiva ed inopportuna, alcune cose dei King Crimson primi anni ‘70 (quantomeno per l’uso delle chitarre, molto frippiane), e dei Van Der Graaf Generator (soprattutto per quanto riguarda l’impiego del sassofono, massicciamente presente). “Live”, dell’anno successivo, avrebbe potuto rappresentare la naturale e consequenziale celebrazione dal vivo ma, inaspettatamente, la band scelse di proporre 4 brani del tutto inediti in un album interamente suonato dal vivo e si presentò con una formazione smisuratamente allargata, forte di ben 13 elementi, causa dell’estensione del nome in “Circus All Star Band”). L’album, inteso come live era certamente poco rappresentativo. Ciononostante, spostando la chiave di lettura e considerandola come raccolta di inediti, l’opera risultava certamente valida e accattivante: nei 4 brani presenti, venivano proposte argomentazioni musicali variegate, tipiche del jazz–rock, del folk e del sinfonismo più classico. Dopo due anni di sbandamento – durante i quali si registrò il cambio della casa discografica e, cosa più importante, la defezione del flautista/sassofonista, sostituito da un tastierista (Stephan Ammann, già collaboratore nel precedente album) – uscì Fearless, tearless and evenless” (accompagnato anche da un singolo, “The Night Step/Overture”). L’impressione all’ascolto è che le ottime idee ivi proposte non venivano ottimamente sviluppate. Inoltre, sconcertò l’uso dei fiati (che in passato erano invece un vero e proprio marchio di fabbrica del gruppo), relegati a ruolo di accompagnamento con rari episodi solistici. Pochi mesi dopo, sempre nel 1980, il complesso cessava la sua attività, con un inaspettato epilogo: usciva “Blue motion” del gruppo omonimo, un terzetto formato da due membri dei Circus, il tastierista e il batterista, e un secondo tastierista, Stephan Grieder. Abbandonato il percorso musicale già proposto dai Circus, l’atipica formazione decise di percorrere terreni minati, proponendo tematiche validissime ma difficili, sempre a metà tra l’etereo e l’avanguardistico. Con questo lavoro, la carriera dei Circus (e gruppi affini) giunse inesorabilmente al termine. Di loro ci restano 5 splendidi album, un 45 giri e 400 concerti suonati tra Germania e Svizzera tra il 1972 e il 1980 di cui, per il momento, non v’è traccia ufficiale né tantomeno ufficiosa.

I singoli membri – fatta eccezione per Stephan Ammann di cui non si ha nessuna notizia fresca – hanno continuato a gravitare nei circuiti musicali del loro paese, peraltro incrociandosi saltuariamente in più occasioni. Roland Frei si dedica oggi all’attività di produttore, prevalentemente in Svizzera e Germania. Stephan Grieder e

Andreas Grieder continuano a suonare come turnisti, comparendo occasionalmente su lavori di altri artisti, compresi alcuni ex membri dei Circus, come più avanti vedremo nel dettaglio. Notizie più circostanziate, invece, su Fritz Hauser e Marco Cerletti. Il primo, che opera da anni in circuiti internazionali di jazz e soprattutto di musica improvvisata contemporanea, è considerato attualmente un musicista che ha sviluppato un proprio personale linguaggio, contribuendo, assieme ad altri stilisti della percussione, a trasformare il proprio ruolo da puro produttore di ritmo a vero e proprio cesellatore di “colori” sonori. Opera attualmente nel Quartet Noir, formazione nata nel 1998 che gli vede affiancati Urs Leimgruber (attivo sin dagli anni ‘70 nell’ambito dell’improvvisazione jazz contemporanea), Marilyn Crispell (considerata tra i solisti di rango della nuova generazione d’improvvisatori, già collaboratrice di Anthony Braxton, dell’Ensemble di Reggie Workman e della New Orchestra di Barry Guy, Gary Peacock, Paul Motian, Mark Helias), Joëlle Léandre (una contrabbassista considerata figura centrale di certa musica contemporanea, a cavallo tra firma d’autore e libera improvvisazione). Il quartetto ha pubblicato ad oggi un unico CD, intitolato “Lugano” (edito dall’etichetta canadese Victo, con numero di catalogo CD 096), che riporta la registrazione di un concerto tenuto alla radio svizzera di Lugano, il 29 ottobre del 2004. Ma l’artista, il più prolifico e attivo del combo, in passato ha pubblicato diversi album da solista (“Solodrumming”, “22132434141”, “Kimus #2”, “Zwei”, “Deep Time”, “Pensieri Bianchi”, “Die Trommel: A Radiophonic Work...” e “Sounding Stones”, quest’ultimo uscito a nome “Fritz Hauser/Therme Vals”), uno in coppia con Stephan Grieder (“The Mirror” che vede anche la partecipazione di Andreas Grieder) ed è apparso come ospite o collaboratore in svariati album (“On Troglodyte’s Delight” del 1990, “On Tosca Salad” del 1995, “On Old Eyes & Mysteries Partly”, “On Linear B”, “Fantasia Zolliologica” e “Die Trommel/Die Welle” del 1987). Il bassista/chitarrista Marco Cerletti ha pubblicato nel 1990 un lavoro solista dal titolo “Random and Providence” (su etichetta Soundways, con numero di catalogo 38503) che vedeva ospiti, tra gli altri, Andreas Grieder e Stephan Grieder. Attualmente è considerato un virtuoso dello Stick (lo strumento suonato da Tony Levin, per intenderci), al punto di essere inserito in uno sito specializzato sullo strumento tra i 14 migliori suonatori di Stick insieme a Nick Beggs (già collaboratore di Warren Cuccurullo e Kajagoogoo), Trey Gunn (attuale membro dei King Crimson), Alphonso Johnson (già collaboratore di Carlos Santana e Weather Report) e lo stesso Tony Levin (già collaboratore di Peter Gabriel e Yes, nonché ex colonna portante dei King Crimson anni ‘80 e ‘90).

Lo stesso Cerletti, con cui chi scrive è stato in contatto epistolare, già nel 2003 stava lavorando alla ristampa in CD di tutti i lavori dei Circus (fino ad oggi, solo “Movin’on” e “Blue motion” sono stati ristampati in CD da etichette estranee al circuito della band), nonché alla pubblicazione di alcune loro registrazioni live, resa difficoltosa da intuibili problemi legati alla minor fruibilità della proposta musicale.

Circus (1976)

Lato A: Stormsplinter (2:45)/Nowadays (10:49)/Sundays (6:56);

Lato B: Dawntalk (5:07)/Room for Sale (15:07).


Marco Cerletti: Bass, Bass Pedal, Guitar;

Andreas Grieder: Flute;

Fritz Hauser: percusion, vibraphon;

Roland Frei: vocals, 6 & 12 string acoustic guitar, tenor sax.

 

L’esordio omonimo dei Circus si segnala per una non comune – e a tratti ancora non pienamente definita – mistura tra jazz e prog. Salvo rari casi, l’album è pervaso da un clima quasi etereo e sfuggente, non certo determinato da una proposta in stile new age delle tastiere (completamente assenti, invece), ma da un impiego compatto dei rimanenti strumenti caratterizzato da un profilo basso, mai invasivo e roboante, compresa la voce, nient’affatto predominante, e il flauto, molto presente ma assai lontano dai protagonismi molto cari ai Jethro–Tull, tanto per fare un esempio. Anche le melodie sono indefinite, spesso appena accennate e volutamente mai approfondite o, quantomeno, sviluppate in maniera tale che gli originari intenti si perdano nella successiva progressione musicale. Il primo pezzo, il breve “Stormsplinter”, disattende in pieno quanto sopra: l’apertura è netta e determinata, successivamente smentita da un clima soft e da un valido crescendo. Seguono “Nowadays” e “Sundays”, entrambi dalle atmosfere intimiste, caratterizzati da un bel connubio di arpeggi alla chitarra, sottofondi di flauto e un accompagnamento costante di piatti. Apre la seconda facciata “Dawntalk”, un brano cupo e difficile che richiama alla memoria alcune cose dei primi Van Der Graaf, non necessariamente per la presenza del sax, piuttosto per le sue difficili melodie, mai consequenziali e sempre spezzate. La chiusura è affidata alla suite “Room for Sale”, nella quale vengono prevalentemente proposte situazioni musicali tipiche del romanticismo più puro (quello dei primi King Crimson, per intenderci), infarcite occasionalmente di citazioni jazz e, più sporadicamente, avanguardistiche. Il tutto in maniera sempre delicata e mai invasiva. “Circus”, in sintesi, è un lavoro pregevole, fin troppo coraggioso per essere un esordio, che sarebbe ingiusto tacciare di ingenuità, essendo la proposta musicale fornita assolutamente personale, sicuramente anticommerciale, caratterizzata da una elevata perizia tecnica dei musicisti. Piuttosto il lavoro, sebbene poco incline a facili accostamenti, risulta poco definito, leggermente indistinto e, se non rischia di lasciare il pubblico indifferente, sicuramente lo lascia interdetto. Da assimilare dopo diversi ascolti.

 

Movin’on (1977)

Lato A: The Bandsman (4:25)/Laughter Lane (4:11)/Loveless Time (5:32)/Dawn (7:51);

Lato B: Movin’ on (22:23).


Roland Frei: lead vocals, acoustic guitar, tenor saxophone;

Marco Cerletti: bass, bass pedals, 12 string acoustic guitar, vocals;

Andres Grieder: flute, tambourine, alto saxophone, vocals;

Fritz Hauser: drums, percussion, vibes.

 

L’album successivo, di appena un anno dopo, cambia le carte in tavola. La formula indistinta del primo lavoro viene abbandonata a favore di una presenza decisamente più consistente di ciascuno strumento utilizzato, nonché della voce, stavolta molto chiara. Anche il genere è definito: progressive puro e di livello elevatissimo, sapientemente condito con un vago sapore jazz, mai fuori luogo, come testimoniato da tutti i brani ed in particolare dalla suite omonima, un brano forte dei suoi 22 minuti di crescendo, atmosfere eteree, improvvise esplosioni sonore. Una maggiore fruibilità delle melodie proposte rende perfetto il lavoro finale, sicuramente sempre poco commerciale ma destinato a maggior presa sul pubblico. I primi tre brani “The Bandsman” , “Laughter Laneh”, “Laughter Laneh” iniziano tutti in un modo e finiscono in un altro. Il primo parte in termini accattivanti con una melodia definita e azzeccata, affidata ai flauti – stavolta protagonisti di svariati fraseggi – infarcita da un complicato tappeto percussivo di stampo jazzistico. Il brano si chiude con un’apoteosi finale degna dei migliori Yes. “Laughter Laneh” alterna momenti intimisti di stampo prettamente romantico, a situazioni maggiormente dirompenti nei quali spiccano i due sax, l’alto e il tenore, suonati in maniera decisamente irruenta: il pensiero corre inevitabilmente (ancora un volta) al periodo d’oro dei Van Der Graaf, maestri in questo genere di cose. “Loveless Time” si propone in termini assolutamente soffusi, subito interrotti da una melodia accattivante molto cadenzata su cui si sviluppa tutto il brano, tra pause e riprese. “Dawn”, sicuramente l’episodio meno commerciale dell’album, è infarcito di continue puntate avanguardistiche che ricordano alcune esibizioni live dei più sperimentali King Crimson, (quelli del periodo Muir, Cross, Bruford e Wetton). Un pezzo evidentemente destinato a dilatarsi nelle esibizioni live e a raccogliere le improvvisazioni dei singoli musicisti. La durata, saggiamente attestata sugli 8 minuti, non lo rende affatto pesante. L’album si chiude con “Movin’on”, una suite di oltre 22 minuti che occupa l’intero secondo lato e che rappresenta certamente la summa del pensiero musicale dei Circus ove vengono sviluppati tutti i concetti proposti precedentemente, con più evidenti richiami al discorso musicale dei Crimson, per l’uso delle chitarre in stile Frippiano, dei Van Der Graaf, per la capacità di spezzare le melodie nel momento più inaspettato, dei Gentle Giant (un’ispirazione finora inedita nei Circus) per gli inediti intrecci vocali proposti. I gruppi di cui sopra non vengono mai saccheggiati gratuitamente: piuttosto, invece, sono elegantemente citati in una chiave personale e inedita. Sempre presenti i richiami al jazz, maggiormente cari al batterista (qui impegnato a creare complicati e astrusi tappeti percussivi) e al prog più romantico, palesato da un flauto volto a creare atmosfere più rilassate. L’album si segnala senza dubbio come l’apice della carriera artistica della band: un vero capolavoro, per intenderci (non a caso, questa è l’unica opera del gruppo ristampata su CD).


Circus All Star Band - Live (1978)

Lato A: Eight Miles on A Highway (10:58)/Drivin Wheel (6:09)/Andante Maestro-Rondo Furioso (5:54);

Lato B: Augusta Rauricorum (20:51).


Roland Frei: vocal;

Andres Grieder: sax, flute;

Marco Cerletti: bass;

Fritz Hauser: drums.

ospiti:

Stephan Ammann: keyboards; Ditschgi Gutzwiller: drums; Shiver Schafer: guitar; Eric Fluckiger: guitar;

Corina Corschellas: vocal; Polo Hofer: vocal; Kyathryn Gurewitsch: vocal; Theodor Jost: trumpet; Alan Solomon: Sax.

 

Nel 1978, il gruppo effettua scelte azzardate: pubblica un live contenente un repertorio completamente inedito e si presenta con una pretenziosa formazione estesa a ben 13 elementi (che condiziona il nome della band, arricchito della postilla “All Star Band”), tutti provenienti dai circuiti rock–folk svizzeri e tedeschi: due batterie, due chitarre, due sax (Andreas Grieder, il sassofonista già in organico, suona anche il flauto), una tromba, tre backing vocalist, una tastiera, un basso e una voce solista (affidata ad un altro membro stabile della band, Roland Frei). Da notare che uno degli ospiti, il tastierista Stephan Ammann, di lì a poco entrerà stabilmente nella formazione. Inteso come live, l’album è sicuramente poco rappresentativo e può essere considerato deludente. A parere di chi scrive, invece, si tratta un ottimo lavoro, che deve essere interpretato come una mera raccolta di inediti, ancorché proposti dal vivo. Il brano in apertura, “Eight Miles On A Highway”, si struttura su 4 momenti: il primo, ove compare l’unica citazione del repertorio dei Circus (sono presenti, più nel dettaglio, stralci di “The Bandsman”, estratto da “Movin’on”, peraltro completamente ignorato nella tracklist); il secondo, lento e cadenzato, in cui i membri sono occupati in cupi interventi solistici; il terzo, più dinamico e serrato, caratterizzato da spunti di jazz–rock, dedicato alla presentazione dei membri della band (certamente evitabile); l’ultimo, un finale in cui spicca una melodia affidata prevalentemente alle coriste. Atmosfere folkeggianti nella successiva “Driving wheel”. Semplice e immediata, si caratterizza per il ruolo predominante delle coriste (ancora una volta), alle quali viene affidato il motivo portante, proposto con una certa insistenza. Un’opera inconsueta (ed inaspettata) per una band come i Circus che si segnala se non come un momento poco azzeccato, certamente come una caduta di stile. Il marchio di fabbrica del gruppo emerge nei due brani successivi: “Andante maestoso/Rondo furioso”, è caratterizzato da ritmi serrati, protagonismi percussivi, assoli di tastiera, aperture romantico–sinfoniche e un uso estremo, quasi esasperato, dei fiati; “Augusta Rauricorum”, una suite che occupa tutto il secondo lato per un totale di quasi 21 minuti, rappresenta il momento topico, a livello artistico, dell’intero lavoro, sebbene si ponga su livelli leggermente più bassi della suite “Movin’on”, dell’album omonimo. I motivi di tale inferiorità vanno ricercati nell’eccessivo presenzialismo del lead vocalist, Roland Frei, che in tutto il live effettua la scelta criticabile di abbandonare i suoi strumenti, fatta eccezione proprio in questo brano, ove suona occasionalmente la chitarra acustica. Penalizzanti anche il lungo assolo dei due batteristi e le occasionali sortite della tromba che, sebbene suonata con ottima perizia tecnica, va a modificare il suono della band nel suo insieme, producendo un effetto di novità che può risultare non sempre gradito. Si tratta comunque di un brano di elevato spessore, ricco di un invidiabile substrato progressivo. Nel complesso, l’album è certamente superiore all’esordio, sebbene distante dall’apice creativo che aveva caratterizzato l’album precedente. A fine ascolto, si resta pervasi dalla consapevolezza che l’elevato organico contribuisca a rendere la proposta musicale leggermente dispersiva e che l’opera avrebbe reso maggiormente se fosse stata realizzata in studio, con più calma e meno frenesia.


Fearless, tearless and evenless… (1980)

Lato A: The night step (3:48)/Leave it or love it (7:33)/Berlin (5:04)/Fearless, tearless and even less (4:15);

Lato B: Hearts and Spaces (9:40)/Manaslu (12:16)

 

Stephan Ammann: Hammond C–3, Arp quadra;

Marco Cerletti: fretless & Levinson bass, frettless guitar, vocals;

Roland Frei: Lead vocals, Tenorsax, Guitars;

Fritz Hauser: Drums, Vibraharp, Wooden laugther.

Due anni dopo, le cose sono considerevolmente mutate. Cambia la casa discografica e si registra un avvicendamento nella formazione: il tastierista Stephen Amman, già ospite nel disco “Live” della Circus All Star Band, sostituisce il flautista/sassofonista Andreas Grieder. L’album che nasce da questo nuovo organico è di ottima fattura sebbene pesantemente penalizzato dall’assenza del flauto e, in particolare, del sax alto che, soprattutto nei primi due lavori, era stato massicciamente presente, contribuendo a definire il “marchio di fabbrica” del complesso. Il primo brano “The Night Step” (che compare anche nell’unico singolo realizzato dalla band, unitamente all’inedito “Overture”, passato del tutto inosservato) rappresenta forse il momento meno felice: le idee sono ottime ma non ottimamente sviluppate e proposte in uno stile meno classico e più moderno (siamo negli anni ‘80, del resto). “Leave it or Love it” riporta subito le cose a galla: molto serrato e dinamico, si evidenzia per il cantato più presente nonché per l’efficace alternarsi di tastiere e sax tenore. Più che influenzati dai Van Der Graaf (come nel passato), i Circus anni ‘80 sembrano prendere spunto dagli U.K., soprattutto per il tappeto sincopato creato dalle tastiere. La batteria, sempre egregiamente suonata, è più immediata e diretta, di sicuro meno complessa ed astrusa di quella passata. “Berlin” parrebbe di ispirazione zappiana, grazie ad un incedere lento e cadenzato che lascia generoso spazio ai monologhi del cantante. “Fearless, tearless and evenless” si sviluppa in crescendo, lasciando largo spazio al sax che qui disegna una melodia stupenda ed accattivante. “Hearts and Spaces” proietta i Circus nell’immediato passato della musica progressive, sebbene in ottica più moderna ed attuale: si apre con atmosfere eteree e leggermente indistinte tipiche del primo lavoro e sviluppa un discorso in crescendo che potrebbe rivaleggiare con i King Crimson di “Starless”. Ad un certo punto l’incedere diventa cadenzato, con un accompagnamento ripetitivo e magnetico alla chitarra elettrica che però non viene mai sviluppato. Il brano si arresta in questo modo, purtroppo. Come gli altri, anche questo LP si chiude con una suite, “Manaslu”, interamente dedicata alle elucubrazioni sperimentali della band: l’inizio, molto cupo, si caratterizza per un uso di riempimento (e non anche di accompagnamento) della batteria; a metà brano si registra un’esplosione degli strumenti (ad eccezione della batteria, definitivamente abbandonata a favore dello xilofono), dediti nuovamente alla sperimentazione più pura, che qui raggiunge l’apice. In assoluto il pezzo più coraggioso dell’intera produzione della band, naturale prologo a quello che sarà il lavoro successivo, sempre del 1980, uscito però non a nome Circus, ormai definitivamente sciolti, ma a nome Blue Motion.

 

Blue motion (1980)

Lato A: Stromboli (14:23)/Fingers I (0:37)/Moontales IV (2:29)/Motions (0:31)/Fingers II (0:47)/Blue Motion (2:57)/31/8 (1:57)

Lato B: Stonehenge (11:53)/Moontales I (1:37)/Motions (1:31)/Parking (1:13)/Slow Motion (4:27)

 

Stephan Ammann: Keyboards;

Stephan Grieder: Keyboards;

Fritz Hauser: Drums, Xylophone.

 

Sempre del 1980, “Blue motion” non può certo essere considerato un album dei Circus, dal cui percorso musicale si distacca notevolmente, cosa che può risultare evidente già solo analizzando la stravagante formazione, composta solo da due tastieristi e un batterista. L’opera è inserita in questo contesto grazie ai denominatori comuni rappresentati da Fritz Hauser e Stephan Amman, rispettivamente batterista storico e ultimo tastierista dei Circus: il sodalizio tra i due si era già consolidato nell’album precedente, testimoniato dalla suite “Manaslu”, i cui contenuti criptici già anticipavano l’indirizzo musicale che avrebbe fatto seguito. La formazione è completata da un terzo e nuovo elemento, il tastierista Stephen Grieder (non sappiamo se imparentato con Andreas Grieder, flautista/sassofonista presente solo sui primi tre album dei Circus). Complessivamente l’opera è caratterizzata da una proposta musicale strutturata su tematiche mai lineari, a tratti forse anche avanguardistiche. Dodici brani di durata variabile tra i 37 secondi e i 4 minuti, fatta esclusione per “Stromboli” e “Stonehenge”, di più lunga durata, entrambe poste strategicamente in apertura di ogni lato. I pezzi brevi traggono spunto da suggerimenti di temi ed idee musicali mai sviluppate, talvolta apparentemente incompiute (ne sono un esempio “Fingers I”, “Motions”, “Fingers II”). Una scelta sconcertante che può tramutarsi, inevitabilmente, in una minor fruibilità del prodotto finale. Di maggior senso logico, invece, le due mini-suite sopra citate che si presentano con temi maggiormente sviluppati, sebbene sempre attestati su livelli di difficile assimilazione. Indiscussa la perizia tecnica dei musicisti impiegati: il tappeto percussivo creato dal bravissimo Hauser alla batteria e allo xilofono, sempre molto tecnico nelle sue prestazioni, è arricchito dalla perfetta interazione tra gli altri due componenti, che si alternano fra piano e synth. Un lavoro coraggioso e pregevole che però (è doveroso avvertire), potrebbe risultare ostico, propone un messaggio musicale che ha il potenziale di spiazzare anche dopo diversi ascolti e, senza dubbio, detiene il primato di opera meno commerciale e fruibile dell’intera produzione dei Circus (e gruppi assimilati). L’album è peraltro oggi molto raro e di difficile reperibilità (più facile rintracciare la ristampa in CD del 1992).

 


CIRCUS / Discografia

33 Giri (LP)

1976      Circus                                                  ZYT 208                                                        Euro 120,00 (E)

1977      Movin’on                                              ZYT 211 (etichetta nera)                                 Euro 120,00 (E)

1977      Movin’on                                              ZYT 211 (etichetta blu)                                   Euro 110,00 (E)

1978      Live (a nome “Circus All Star Band”)         ZYT 217                                                        Euro 90,00 (E)

1980      Fearless, tearless and evenless                ILLUMINATUS A–5015                                      Euro 35,00 (C)

1980      Blue motion (a nome “Blue motion”)        AMOS 5438                                                    Euro 280,00 (F)

 

45 Giri (7’)

1980      The night step/Overture                       ILLUMINATUS A–5854                                       Euro 15,00 (F)

CD

1990      Movin’on                                             DECODER 38701                                               Euro 30,00 (C)

1992      Blue motion (a nome “Blue motion”)       LASER’S EDGE 1016                                      Euro 25,00 (C)


Note & curiosità discografiche (LP/CD/7’):

(1) “Circus”, registrato nell’aprile 1976 presso i “Bottmingen Harald Blobel Studios”, viene pubblicato nello stesso anno su etichetta “ZYT” (numero di catalogo “ZYT 208”). L’album presenta una confezione a busta con apertura laterale destra. In copertina viene raffigurato un piccolo cavallo alato sovrastato dal nome del gruppo, entrambi bianchi. Lo sfondo è interamente blu, contornato da una cornicetta bianca. Nel retro sono presenti le foto di ogni singolo membro, con l’indicazione dei nomi e degli strumenti suonati, i titoli e la durata di ogni brano, una foto dell’addetto al mixer, il numero di catalogo, altre informazioni relative all’album. La busta interna è in cellophane trasparente, sagomata solo in basso. Nell’etichetta, di colore rosso con scritte nere, compare anche il numero di catalogo “SLP 30-568” (posizionato al di sopra di quello presente in copertina). Entrambi i numeri sono ripresi alla fine dei solchi (run off groove), unitamente alle lettere “A” o “B” (una per ciascun lato), alla scritta “Made in Switzerland” e alla sigla “R.SO”. Non compare la data di stampa. Testi e musiche dei Circus. L’album non è mai stato stampato in CD.

(2) “Movin’on”, registrato nel maggio del 1977 presso i “Berne Sinus Studios”, viene pubblicato lo stesso anno su etichetta “ZYT” (numero di catalogo “ZYT 211”). L’album presenta una confezione apribile con costina sulla sinistra e apertura a busta sulla destra. Nella copertina viene raffigurato un grande cavallo alato di colore bianco sovrastato dal nome del gruppo e dal titolo dell’album, anch’essi di colore bianco. Lo sfondo e i contorni del disegno sono blu. Il disegno si sviluppa senza soluzione di continuità anche sul retro, interessando pertanto anche la costina, ove non compare alcuna indicazione. Sul retro compaiono i titoli, il numero di catalogo e il logo dell’etichetta discografica. All’interno vi sono le foto di ogni singolo membro, con l’indicazione dei nomi e degli strumenti suonati, i testi di ogni brano, la foto del primo album (in bianco e nero) e altre informazioni. La busta interna è bianca con un buco circolare solo su un lato. L’etichetta è di colore celeste con scritte nere. Alla fine dei solchi (run off groove) compare il numero di catalogo seguito dalle lettere “A” o “B” (una per ciascun lato), la scritta “Swiss made” e la sigla “R.SO”. Non compare la data di stampa.

Esiste una seconda stampa, pubblicata nello stesso anno a pochissima distanza dalla prima, che presenta alcune lievi differenze: la busta interna è bianca con buchi circolari su entrambi i lati; la copertina apribile è costituita da un doppio strato rinforzato; l’etichetta è di colore nero con le scritte argentate (a differenza della prima stampa che aveva, rispettivamente, una busta interna con un solo buco, una copertina strutturata su un doppio strato ma non rinforzato e un’etichetta di colore celeste con scritte nere). Invariati tutti gli altri dati compreso numero di catalogo e run off groove. Il valore è di poco inferiore alla prima stampa.

La versione in CD, stampata su etichetta “Decoder” nel 1990 (numero di catalogo “38701”), presenta un libretto interno di 12 pagine contenente le stesse informazioni presenti negli LP (fatta eccezione per l’indicazione relativa al primo album), nonché un commento in tedesco e in inglese, inesistente nelle edizioni in vinile. Nessun inedito.

Testi e musiche dei Circus.

(3) “Live” (uscito a nome “Circus All Star Band”), registrato dal vivo presso il “Volkshaus Zurich” e l’“Hotel National Berne” il 26 e il 27 gennaio del 1978 con l’ausilio del “London Maison Rouge - Mobile Studio” e mixato presso il “Berne Sinus Studio”, viene pubblicato lo stesso anno su etichetta “ZYT” (numero di catalogo “ZYT 217”). L’album presenta una confezione con costina sulla sinistra e apertura a busta sulla destra. In copertina compaiono: in alto, il nome del gruppo in rosso con contorno bianco; in basso a destra, di traverso, il titolo fasciato in una striscia interamente bianca; al centro, una foto di gruppo della formazione estesa, realizzata in bianco e nero ma stampata su sfondo rosso (il bianco diventa rosso, quindi, mentre il nero resta tale). Lo sfondo è interamente rosso, contornato da due cornicette bianche. Nel retro sono presenti i titoli, la formazione e altri dati inerenti l’album. Sul retro sono presenti ringraziamenti e numero di catalogo nonché informazioni dettagliate sui brani e sulla band, compresi tutti gli ospiti (da notare che i 4 membri originali vengono indicati come appartenenti alla band Circus e non Circus All Star Band). All’interno sono presenti foto di ogni componente, corredata di nome e strumenti suonati, foto di due addetti al mixer e due foto di gruppo. La busta interna è bianca con buco circolare solo su un lato. L’etichetta è di colore nero con scritte argentate. Alla fine dei solchi (run off groove) è impresso il numero di catalogo seguito dalle lettere “A” o “B” (una per ciascun lato), la sigla “R.SO” e la scritta “Swiss Made”. Non compare la data di stampa. Testi e musiche dei Circus (e non dei Circus All Star Band). L’album non è mai stato stampato in CD.

(4) “Fearless, tearless and evenless”, registrato e mixato nel marzo del 1980 presso i “London Trident Studios”, viene pubblicato nello stesso anno su etichetta “Illuminatus” (numero di catalogo “A–5015”). L’album presenta una confezione a busta ricoperta da un pellicola trasparente (lucida), con apertura laterale destra. In copertina è presente una foto notturna di una (verosimile) stazione ferroviaria, scattata dalla parte dei binari (con questi ultimi in prospettiva, quindi). La pellicola utilizzata è volutamente inadeguata, per cui l’illuminazione provocata dai fari sovrasta l’immagine, rendendo poco chiaro il risultato finale. Il nome del gruppo e il titolo compaiono rispettivamente in alto in blu, in basso in bianco. Entrambi hanno la medesima lunghezza e sono scritti con caratteri dai contorni sottili. Sul retro sono presenti la formazione, gli strumenti suonati e la track list. La busta interna è bianca con un buco circolare solo su un lato. L’etichetta è di colore argentato con scritte in nero. Alla fine dei solchi (run off groove) sono impressi la scritta “Made in Germany”, la scritta in grafia “RAYS”, la sigla in grafia “020”, il numero di catalogo seguito dalle lettere “A” o “B” (una per ciascun lato) e dalla sigla “1/80S”. Non è presente la data di stampa. L’album non è mai stato stampato in CD.

Dall’album è stato estratto l’unico singolo prodotto dalla band, “The night step/Overture” (il secondo brano è altrove inedito) pubblicato nello stesso anno sempre dalla “Illuminatus” (numero di catalogo “A–5854”). L’etichetta è di colore argentato con scritte in nero. Testi e musiche dei Circus. L’album non è mai stato stampato in CD.

(5) “Blue Motion” (uscito per il gruppo “Blue Motion”), registrato il 1 e il 2 ottobre 1980 a “Tichen” (l’indicazione è scritta in grafia poco leggibile. Potrebbe anche essere “Tiehen”, “Richen” oppure “Riehen”), viene pubblicato lo stesso anno su etichetta “Amos” (numero di catalogo “5438”). L’album presenta una confezione apribile con costina sulla sinistra e apertura a busta sulla destra. La busta interna è bianca con un buco circolare solo su un lato. Nella copertina viene raffigurato - al centro in alto - un trapezio di colore blu al di sotto del quale compare il nome del gruppo (nonché titolo dell’album) scritto in grafia. Costina, retro e interni sono completamente bianchi, fatta eccezione per il numero “478” – altrove non riportato – che compare in basso sulla destra, nella pagina interna destra. L’album è corredato da un foglio bianco (dimensioni di un A4), su cui compaiono, scritte in grafia: la formazione, la track list completa della durata di ogni brano, altre informazioni inerenti l’album. L’etichetta è di colore blu con scritte argentate. Alla fine dei solchi (run off groove) sono impressi il numero di catalogo seguito dalle lettere “A” o “B” (una per ciascun lato) e la sigla “R.SO”. Non è presente la data di stampa. Tutti i brani sono a firma dei “Blue Motion” fatta eccezione per “Moontales I”, “Moontales II”, “Stromboli”, “Slow Motion” di Stephan Ammann, “Motions” di Fritz Hauser, “Stonehenge” di “Stephan Grieder”.

La versione in CD, stampata dalla “Laser’s Edge” nel 1992 (numero di catalogo “LE 1016”), presenta una copertina diversa, sebbene realizzata con medesimo stile grafico, ove viene raffigurata una pennellata blu e nera, che si sviluppa da sinistra verso destra, al di sotto della quale compare il nome del gruppo (nonché titolo dell’album) scritto nella stessa grafia usata per il vinile. Lo sfondo è interamente bianco. Sul retro (che nell’album è invece completamente bianco) vi sono la tracklist, la durata di ogni brano, la formazione, il numero di catalogo e l’indirizzo dell’etichetta. Il booklet interno è composto da un unico foglio piegato in due in cui compaiono i credits, alcune informazioni già presenti sul disco (e non inserite sul retro) arricchite da quelle relative alla ristampa in CD, peraltro proposte nel medesimo stile grafico. Nessun inedito.

(Discografia a cura di Gianluca Livi)

 

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